Tutto vero comunque - in apparenza - la crisi globale, l'immoralita' di un Paese, spingono i giovani ad andare lontano, emigrare, crearsi un futuro altrove.
Ma c'e' un ma.
Il giovane nel caso specifico non e' costretto a lavorare per mantenersi agli studi, puo' proseguire il suo apprendimento e specializzarsi, ed eventualmente formarsi od operare all'estero.
Pa' c'e' un ma.
Per cambiare Paese necessitano supporto economico in primis e i soldi per viaggiare, affittare un appartamento, superare l'impatto, l'adattamento dei primi tempi.
E se proprio l'avventura dovesse fallire, v'e' sempre un nido sicuro, protetto, ad attenderlo a provvedere al mantenimento.
Quindi il futuro, il merito di questo giovane, dipendono esclusivamente da lui, dalla sua capacita' d'applicazione e volonta'.
Ben diverso e' il destino - in parte gia' segnato - di chi e' figlio di operai e impiegati.
Gia' e' un miracolo se i genitori non vengono licenziati - quanti ragazzi sono costretti a lasciare la scuola superiore o a non proseguire gli studi, per motivi contingenti di sussistenza.
Ed e' uno sforzo immane - per chi ha un reddito fisso mensile di milleduecento euro al mese - acquistare libri, materiale didattico, pagare tasse scolastiche, garantire il diritto costituzionale allo studio, che grava in toto sulle spalle delle famiglie.
Ancora piu' sacrificio richiede lavorare nel periodo estivo - invece delle vacanze all'estero di scambio culturale - o addirittura per tutto il corso dell'anno scolastico, spalando montagne di gelati o sfornando pizze; sforzo titanico per gli studenti lavoratori alle scuole serali.
Oltremodo, non favorisce di certo la concentrazione e l'impegno di una giovane mente, dipendere da quei maledetti cento euro in piu' o in meno, che non fanno presagire se l'indomani il frigo sara' pieno o vuoto.
E siccome non viviamo nella famiglia del mulino bianco, i nuclei famigliari con un solo genitore, o monoreddito, oppure che vivono condizioni di disagio non rientranti nelle graduatorie dei poveri e assistiti, costituiscono un'ampia fetta nella torta della statistica italiana.
Onde per cui, la differenza tra un figlio di benestanti che emigra all'estero per lavorare e un giovane proletario, e' che il primo puo' investire in partenze e ritorni.