lunedì 30 novembre 2009

Pa' c'e' un ma

Leggo l'accorata lettera di un padre, gia' fortunato per la carriera, al figlio, altrettanto fortunato per la carriera del padre, che gli ha permesso di dedicarsi agli studi, sicuramente volenteroso ma privo, suppongo, di problemi economici. 
Tutto vero comunque - in apparenza - la crisi globale, l'immoralita' di un Paese, spingono i giovani ad andare lontano, emigrare, crearsi un futuro altrove. 
 Ma c'e' un ma. 
Il giovane nel caso specifico non e' costretto a lavorare per mantenersi agli studi, puo' proseguire il suo apprendimento e specializzarsi, ed eventualmente formarsi od operare all'estero. 
Pa' c'e' un ma. 
Per cambiare Paese necessitano supporto economico in primis e i soldi per viaggiare, affittare un appartamento, superare l'impatto, l'adattamento dei primi tempi. 
E se proprio l'avventura dovesse fallire, v'e' sempre un nido sicuro, protetto, ad attenderlo a provvedere al mantenimento. 
Quindi il futuro, il merito di questo giovane, dipendono esclusivamente da lui, dalla sua capacita' d'applicazione e volonta'. 
Ben diverso e' il destino - in parte gia' segnato - di chi e' figlio di operai e impiegati. 
Gia' e' un miracolo se i genitori non vengono licenziati - quanti ragazzi sono costretti a lasciare la scuola superiore o a non proseguire gli studi, per motivi contingenti di sussistenza. 
Ed e' uno sforzo immane - per chi ha un reddito fisso mensile di milleduecento euro al mese - acquistare libri, materiale didattico, pagare tasse scolastiche, garantire il diritto costituzionale allo studio, che grava in toto sulle spalle delle famiglie. 
Ancora piu' sacrificio richiede lavorare nel periodo estivo - invece delle vacanze all'estero di scambio culturale - o addirittura per tutto il corso dell'anno scolastico, spalando montagne di gelati o sfornando pizze; sforzo titanico per gli studenti lavoratori alle scuole serali. 
Oltremodo, non favorisce di certo la concentrazione e l'impegno di una giovane mente, dipendere da quei maledetti cento euro in piu' o in meno, che non fanno presagire se l'indomani il frigo sara' pieno o vuoto. 
E siccome non viviamo nella famiglia del mulino bianco, i nuclei famigliari con un solo genitore, o monoreddito, oppure che vivono condizioni di disagio non rientranti nelle graduatorie dei poveri e assistiti, costituiscono un'ampia fetta nella torta della statistica italiana. 
Onde per cui, la differenza tra un figlio di benestanti che emigra all'estero per lavorare e un giovane proletario, e' che il primo puo' investire in partenze e ritorni.

domenica 29 novembre 2009

Emozione

Mai pensare di essere diversi dagli altri, mai arrogarsi il diritto di crederlo. 
Io no, significa solo io anche. 
Se non prendessi il meglio dagli altri - da me - scartando farina da crusca misere esistenze, non avrei piu' stimoli per scrivere. 
Mi limito - mi fermo alle emozioni suscitate dalla vita, non m'importa come vissuta. 
Se scavo in fondo alle vite - che hanno prodotto emozione - finisce l'atto creativo. 
L'atto creativo - come l'atto d'amore - non ammette prosaiche pragmatiche variabili. 
Posso fondermi con l'altro solo nella sua bellezza, non nella sua prevedibilita'. 
M'innamoro spesso di anime, raramente di corpi, alla fine d'un amore rimane puro spirito. 
Preferisco un fuoco che arde, che brucia e mi consuma, al fatuo cero da cimitero. 
Il piu' bel gesto eroico nella storia resta l'atto d'amore.
Il solo modo per sentirmi viva e' nel rogo delle streghe.
Unicamente nel calore - accanto alla passione - si raggiunge l'apice, l'orgasmo della vita. 
Voglio un amore che ogni sera mi stremi di emozione e ogni mattina mi resusciti. 
Chi e' nato libero non puo' legarsi ad anelli d'amore. 
Tu chiamala se vuoi, emozione.
E a chi non piace la trasmissione, puo' sempre cambiar canale.

venerdì 27 novembre 2009

La bambina non nata

Ad ogni bambino che si sta perdendo nel bosco, che m'incute tenerezza, nonostante i miei forti potenti anticorpi che assicuro, reggono il paragone con un uomo. 
Siccome di solito ai miei bambini perduti racconto una favola per ritrovarsi, affinche' si orientino, mi piace improvvisare una storia. 
C'era una volta una bambina non nata, non e' detto che non nascera', cosi' come non e' detto che vedra' la luce del mondo. 
Si rifiutava di nascere, perche' ancora sentiva buio, voleva che la sua nascita fosse accompagnata da musica, luci soffuse, carezze, e non da rumore, luci al neon, uno schaffo al culo per farla piangere, e finalmente poter dire respira e' viva. 
Cio' avrebbe appagato, reso tranquilli genitori, parenti, amici, ma lei che nasceva ribelle, resistente e fragile, sicura e protetta, affacciatasi alla porta del mondo, comincio' a gridare il suo No No No. 
Ma nessuno l'udiva, giungeva solo un sommesso eco che le ostetriche scambiavano per tachicardia, e la festa era gia' pronta, per accoglierla con trine, merletti, noccioline e cotillon. 
Le noccioline si danno alle scimmie allo zoo, anzi se avessero liberta' le tirerebbero negli occhi agli umani, e la bambina non nata, che non era una scimmia, rifiuto' ogni anestesia, perche' voleva nascere dal dolore, nel dolore, poiche' solo cosi' si apprezza l'amore, quello vero, sofferto, sudato e gridato. 
E fu cosi' che decise di non nascere, scegliendo l'eutanasia, piuttosto che una lenta morte d'agonia.
Rimase nello scroto paterno, nell'alveo materno, rimandando e non recidendo quel cordone ombelicale, da cui comunque traeva ossigeno, per non sentirsi morire ogni volta che nasceva. 
Non e' una favola a lieto fine, non e' un tragico finale, e' un embrione di storia riposta nel limbo, nell'oblio, come tutte le creature non nate.

mercoledì 25 novembre 2009

Arsenico e vecchi merletti

Leggo che vogliono implicare Google nella pubblicazione e diffusione di un video di un episodio di violenza, verso un ragazzo disabile avvenuto in una scuola, per i reati di diffamazione e violazione della privacy. 
Atteggiamento tipico di codesta Italietta, in nome del popolo italiano, bovino, ovino, pollaiolo. 
Ma se non ci fosse stata Internet, si sarebbe mai venuti a conoscenza di tale squallida storia? 
 E - senza Internet - avrebbe mai avuto voce, e quindi possibilita' di difesa e di soccorso, questo ragazzo disabile? 
Come d'uopo ci si ferma alla forma - alla cosiddetta regola, norma, legge - tralasciando la sostanza. 
Perche' la sostanza fa male, in primis a genitori, insegnanti, bidelli, presidi, compagni di scuola, assenti - omertosi. 
Dov'erano quegli operatori scolastici mentre accadeva l'abuso e sopruso su un minore disabile? Dov'erano quei genitori che - invece di educare i loro figli alla solidarieta' e umanita' - crescevano piccoli mostri? 
Probabilmente tutti a scrivere e leggere su Internet, di principii e valori. 
Troppo comodo demonizzare Internet - che presenta lo specchio reale del bene e del male - e affibbiarle il riflesso della propria colpa, dolo, punizione. 
Internet e' il capro espiatorio di tutti i mali del mondo: lancia bombe intelligenti su vittime inermi, froda, ruba, collusa, concussa, inquina prove e habitat, stupra, si prostituisce gratuitamente o a pagamento. 
Internet quale vaso di Pandora, ove tutti non c'erano, e se c'erano dormivano, compagni, sposi, amanti, figli, genitori, parenti, amici, colleghi, leali e fedeli, nei principii e valori. 
La sola e unica valenza resta Internet - in quanto essenza - distaccata da miserie e mediocrita' umane esistenziali, semplicemente contenitore di nettezza ed immondizia - menzogna e ipocrisia - il cui riciclaggio fa piu' male a chi lo svuota che a chi lo ripone. 
Non a caso sono clandestini extra comunita' a frugare nelle viscere di Internet e del Paese reale.
Viceversa non si crea allarme sociale gridando al lupo, nei riguardi della televisione, dei telegiornali, l'informazione manipolata, i talk show pilotati, i reality da copione, gratta e vinci, pacchi e lotterie.
Megagalattiche prese per i fondelli, cinicamente programmate, calcolate, legalmente promozionate dallo Stato per poi confezionare pubblicita' progresso su qualsivoglia psicopatologia, dal gioco d'azzardo alle droghe, all'alcolismo, alla diversita' sessuale, pro e contro. 
E cosi' e' il mondo vero - la stessa Internet, baci di cioccolato all'arsenico.

domenica 22 novembre 2009

Mondo marcio

Non vedo prospettive di futuro. 
Televisioni pubbliche che cianciano di canzonette dialettali, fregandosene della disoccupazione regionale e nazionale, fabbriche che chiudono in ogni luogo e italiani che riscoprono la fame e la Caritas, finalmente uguali agli immigrati. 
Amministrazioni anticomuniste ma che fanno della delazione di stampo bulgaro - di vicinato - le fondamenta sulle quali reggere una comunita'. 
Violenze, stupri, infanticidi, assassinii, cellule impazzite di un sistema incancrenito. Buonismo e razzismo a oltranza, due facce della stessa medaglia. 
La vita propria - degli altri - quale videogame, su cui scommettere, le nuove regole dettate non dalla saggezza dal buon senso bensi' dalla demenza, scontrini fiscali gratta e vinci, lotteria quattromila euro per vent'anni a sostituire il diritto alla pensione, sorteggio di vita o di morte - influenzati, vaccinati - come alla roulette russa. 
La stagione della caccia al clandestino aperta per Natale. 
Studentesse universitarie che sulle orme di veline, escort e sull'esempio di massimi rappresentanti delle istituzioni, si gettano - la gettano - tra le braccia di professori attempati, adducendo poi pseudo giustificazioni di plagio e seduzione. 
Mondo marcio, il piu' pulito ha la rogna.

mercoledì 18 novembre 2009

Montagne verdi

Scendendo le scale dall'ufficio - insolitamente evitando l'ascensore - mi sono soffermata a guardare fuori dalla finestra, questa citta' cosi' triste avvolta nella foschia, talmente gravida di cemento travi gru, in eterna costruzione e non ricostruzione di se stessa. 
Poi mi sono girata e ho visto Amir che pregava.
Amir e' un marocchino che da anni viene a svuotare i bidoni del riciclaggio, carta, plastica, lattine, inginocchiato sul pianerottolo sopra una stuoia sintetica nera, ad occhi chiusi pregava. 
Non si e' voltato a guardarmi, immerso nella sua ascesi. 
Stupita, il mio primo pensiero e' stato 'voglio provare anch'io di ritorno a casa'. 
Ma siccome in codesti tempi moderni occidentali l'altarino e' Internet, eccomi prona virtualmente ad occhi socchiusi a digitare, volgendo la mia preghiera al Dos. 
Sara' che per me il tempo del noi politico, collettivo e' oramai trascorso. 
Sara' che tendo piu' alla costruzione di un cosmo a due, eliminando i rumori di disturbo, cio' che distoglie il te dal me e viceversa. 
Sara' che Sarah e' il nome di una ragazza araba sedicenne che accoltello' il suo padrone a cui il padre l'aveva ceduta come schiava. 
Sara' che il tempo mi preme addosso, nel mezzo del cammin di nostra vita, e mentre i giovani vivono quantunque una speranza di futuro - piu' saggi, abili, capaci della passata generazione nel rivendicarlo - il mio destino mai s'avvera, fatue prospettive dadaiste. 
Ordunque se la mia supplica giunga a quale cielo non ha rilevanza alcuna, anche Amir rimaneva concentrato solamente su se stesso, convertendomi piu' lui vivente e pregante, che un cimitero di croci cristiane, falci e martelli. 
Mi affido quindi alle montagne di Maometto - paradossalmente al verde leghista della tuta di Amir - io di verde Matrix vestita, ossimoro di rinverdita speranza.

domenica 15 novembre 2009

L'ordine segreto

Il nostro segreto 
e' voce abbassata 
d'un tono 
a sussurrarci l'amore 
e' sonora risata monella 
dopo aver fatto all'amore 
e' una spinta carezza 
il chiodo che regge 
la tela la trama 
d'una storia inenarrata.






Il nostro segreto 
scivola lungo 
le gambe poi 
risale e geme 
e' desio esaudito 
muto rivelato 
e' l'orgoglio 
d'un dire 
d'amarci. 

- In ogni caos c'e' un cosmo, in ogni disordine un ordine segreto. - 
(Carl Gustav Jung)

Io non ho fatto niente!

E' l'incipit della vita mia. 
Comincio' all'asilo dalle suore, a cinque anni, odio le suore ipocrite e non cristiane, che aprivano la sala giochi solo una volta all'anno, per la foto da dare ai genitori; quel ben di Dio di giocattoli, pupazzi, il telefono, che come ET avrei chiamato casa, per dire portami via. 
Il primo giorno d'asilo non volevo stare, allora la pedagogia famigliare funzionava cosi', una sberla e muta. 
Le suore ci portavano una volta alla settimana a vedere i filmini dei santi, ma come le scimmie tiravano i capelli, ed io facevo finta di dormire trattenendo il respiro, affinche' non s'accorgessero di me. 
Ce n'era una particolarmente cattiva, baffuta e cicciona, una virago in tonaca che ogni spillo che conficcavo in una spugna per comporre un disegno, l'avrei conficcato in quel flaccido culone, quale rito wodoo. 
Per un anno feci lo sciopero della parola e la protesta del silenzio, gia' ribelle a modo mio. 
Altre sberle le pigliai perche' non volevo portare le ciabatte a mio padre di ritorno a casa, e mica ero un cane, comunque avevo ragione io. 
E le ultime a sedici anni, causa rientri tardivi notturni, non stavo a fare nulla di male e neppure a drogarmi, ero solo impegnata a fare all'amore. 
Alle scuole superiori la vicepreside si arrabbio' talmente da procurarsi un ictus cerebrale, ma non era colpa mia, bastava mantenere la calma e ascoltare e recepire le sacrosante istanze dei giovani, degli studenti, nell'anno caldo del settantasette. 
Tempi di politica, con quella che si fumava la sigaretta dalla parte della brace, poi e' divenuta onorevole, perche' si fumava pure altro, suppongo sigari con Clinton. 
Ma anche piu' a sinistra della sinistra, fece comodo a lorsignori compagni sfornare il giornale di partito, dopo di che se lo si riempiva di contenuti, talvolta critici, volevano censurare, e trattandosi d'onere volontario e gratuito; la sola colpa mia fu di rimandarli al demone del gulag, giocandomi cosi' la tessera da giornalista. 
Mi si gonfio' la pancia, per un figlio voluto, ma lui volle comunque partire per l'America, e al ritorno non sapeva piu' se amarmi o no, decidendo io per due, col foglio di via. 
Il mio piccino non stava bene, mia madre stava morendo, a scuola non andava e gli tirai i capelli - come le suore cattive - poi ho capito che la cattiva era la maestra; lo salvai da quell'inferno, ma non salvaguardai la mia immagine di buona mamma. 
Ritornai in seguito con l'Amerigo, caravella per anni una e trina, la Nina la Pinta e la Santa Maria.
Sebbene nulla facessi di sbagliato, e la sola cosa giusta ossia un'altra piccolina desiderata, fece lui per me, trascinandomi in un gorgo che risucchio' benessere, casa, fiducia, stima, amore. 
Quantunque m'innamorassi non lo tradii, anzi lo informai, mai nessun uomo mi sfioro' finche' rimasi sposa. 
Fui contraccambiata seminando veleno coi figli, cogli amici, alfine il tempo rese pariglia. 
Per gli affari credo d'essere negata da sempre, non e' colpa mia, faccio parte di quei pochi fessi che ancora credono all'onesta' altrui, e difatti mi son persa tutto, in un Paese in cui i tribunali danno ragione ai loschi o ai furbi e giammai ai retti. 
L'amore mi ha lasciato, io non ho fatto nulla per fermarlo, e nulla c'era da fare, l'amore deve essere libero arbitrio. 
Cosi' altrettanto nulla feci per tenermi uomini diversi, di cui tutto sommato non m'importava niente. 
Gli amici ci ho provato, pero' chi lo sa chi e' sincero e leale, chi traditore, infame, omertoso, chi disinteressato non opportunista, chi invidioso e calunniatore, chi ti vuole usare o manipolare, chi ti vuole ancora una volta censurare, chi invece davvero ti vuol bene. 
Io non ho fatto niente, e niente continuo a fare.

venerdì 13 novembre 2009

Miniera

Sovente ho adottato la formula del 'ya basta' per smuovere staticita'. 
Il rischio, calcolato, e' che nessuno ti segua. Talvolta vinta la scommessa, talora persa. 
La sfida richiede sempre coraggio, d'una consapevole solitudine. 
Quale punto interrogativo, bilancio, punto fermo su cui correggere, sorreggere, la rotta. 
La provocazione e' insita nel cambiamento, destabilizzatrice di certezze, sicurezze, adagiamenti. 
In amore come in politica. Rilassati ma tonici, quale muscolo d'ardore e di pensiero. 
Non ti hanno capita, forse. 
Ma la gente non e' tenuta a capirci. D'altronde se non c'e' nulla da capire, non mi capisco nemmeno io. 
Come non serve un capro espiatorio, e' altresi' estremamente utile il senso di colpa, non per produrre automatismi di colpevolezza e conseguenti espiazioni, bensi' a sollecitare un processo di riflessione, meditazione, ponderazione, su cio' che e' stato e che potrebbe essere. 
E' quando si affoga, affonda, che dal baratro si risale verso la luce. 
E rifulgono le stelle, il meglio di se', senza concedersi dilazioni di sorta. 
L'anima nuda, vera essenza, al di la' del bene e del male, di maschere, proiezioni, film gia' visti. 
Estrarre da cava, miniera, marmo, carbone e diamante. A volte crollando addosso. 
Eppure se quel vagoncino sferragliante imbocca comunque la via della luce, il suo carico avra' valore dell'oro, anche se misto a detriti. 
Separare la farina dalla crusca, significa spargersi non di borotalco o un velo di zucchero, ma fare, essere, una torta di elementi, alimenti naturali, di cui la ciliegina e' la carminia verita'. 
Da ornarsi, decorarsi non con stucchi ma fresca arte. E servire con vino novello. 
A chi si chiede la ricetta qual e'? 
La risposta e' sii cio' che dici, e scrivi, sei tu lo specchio del mondo.

mercoledì 11 novembre 2009

Evanescenze

La rivoluzione la fa chi non ha nulla da perdere, interiore ed esteriore. 
Se hai avuto fame, puoi parlare del bisogno di pane. 
Se hai patito sete, puoi abbeverarti all'oasi nel deserto. 
Se hai provato amore, puoi toccare la voglia di fondersi nell'atto carnale. 
Ma se gia' hai cibo in abbondanza, non potrai mai essere un vero rivoluzionario, di pancia. 
Se ti sei bevuto il possibile e l'impossibile, cristalli liquidi e plasma, non avrai la voce roca abbastanza da supplicare gocce veritiere, dissetanti. 
Se cambi donna o uomo quali scarpe, spaiate, saprai forse copulare ma non la voglia d'amare. 
Se sull'isola deserta da portare con te tre cose son poche, prova a disfartene di due. 
Se il tuo viaggio inizia con mille pellegrini, e alla meta ne rimane solo uno, hai trovato un amico vero.
Se all'orizzonte non vedi mare, vetta, aquila, gabbiano, verso te stesso e' la rotta da seguire. 
Impara a camminare nel buio, e le tenebre ti sembreranno luce. 
Impara a sentir vibrare un corpo, uno strumento, sordomuto puoi comporre musica sacra. 
Impara ad assaporare il piacere solitario dello spirito e pregustare il banchetto di carne selvatica.
Insegna ai giovani la vecchiaia e la fanciullezza ai vecchi. 
Insegna il divenire uomo dentro una donna e l'essere donna accogliente l'uomo. 
Insegna che il trionfo e' uno scranno d'oro, ma la regalita' sta seduta sopra umile pietra. 
Quando tutto perderai, avrai avuto la tua rivoluzione. 
In quanto a me, non mi sono fatta mancare niente: ho perso casa, soldi, memorie, gioielli, libri, dischi. 
Ma ho ritrovato in un piatto di gramigna comunista, il miracolo di Dio. 
Perduto l'amore, bilancio in pareggio, smarrita talvolta la strada della saggezza per via della follia. 
Un distacco dalle cose materiali porta all'attaccamento spirituale, rivoluzione quale rivelazione. 
Nella cabala della vita, la scommessa non e' arrivare prima, beati gli ultimi se i primi son discreti.
Affinche' una stella rifulga di coraggio, ci vuole la paura del perdersi in un buco nero. 
Evanescenze.

sabato 7 novembre 2009

Collocazione provvisoria

Sfoglio Facebook nel cuore della notte, in silenzio, non sono una voce fra tante, casomai un sussurro, la folla mi rende muta o urlante, ma la mia natura e' scrivere piu' che dire. 
Gli ignavi non sanno che il cammino della rivoluzione ha come unica direzione la via della spiritualita'; non passa attraverso politica, non solo mediante cultura, e quale bagaglio portera' giustizia, uguaglianza, liberazione, comunione e pace. 
L'odierno dibattito sul crocefisso e' una questione falsata. 
Similare a quello sul burqa, e se li lasciassimo entrambi? 
Equazione semplice di spiritualita' e cultura uguale a tolleranza e contaminazione. 
Quando qualcuno comprendera' il messaggio di Don Tonino Bello sulla croce, analogamente allo scritto di Pasolini sull'omologazione, senza starnazzare pari a oche, saremo un popolo evoluto. 
Le masse hanno sempre bisogno di un feticcio, pro o contro. 
Ma io ho bisogno di un corpo, per arrivare a Dio. 
Mi sottraggo alla rissa sulla ragione, preferisco un cheto dialogare duale, ove ci si scambia riflessioni, pause, sospiri, una risata liberatoria. 
La luce del sole talvolta acceca la ratio, altresi' il riverbero lunare accompagna il languore del dirsi. 
Cio' che rimpiango non sono le folle, le masse, le corti, bensi' l'atmosfera magica del porsi; uno piu' uno che fa quel noi, il corpo per giungere a Dio. 

venerdì 6 novembre 2009

Goa


Cerco la mia terra promessa 
la voglio color della terra 
d'afrore di terra bagnata 
lambita ai fianchi da reni possenti 
agra acre ocra, non d'argilla. 

Promessa divina di miele e di latte 
d'ostro montata l'alta marea 
delta di venere d'irto di monte 
si sporge scorge
genoma mappa tribale, Goa.

lunedì 2 novembre 2009

Perdere una madre


La collana 

Ogni alba è una perla. 
Sono rari i mattini. 
Fanne un filo e indossale. 
Son perle di mare, non di fiume. 
Se rotolano a terra puoi raccoglierle. 
Ma riposte in uno scrigno, muoiono. 
Per fermaglio la tua anima d'argento. 
Stille di cuore per rubini. 
La collana di perle è mia madre. 
Te la lascio in eredità.