domenica 20 giugno 2010

Prima che si giochi la partita dell'Italia a Pomigliano

Allora, proviamo a spiegare cosa c'e' in gioco, tra Fiat e Fiom.
La Fiat vuole derogare dai contratti nazionali - stipulati nel rispetto dello Statuto dei lavoratori e della Costituzione - imponendo di fatto un accordo aziendale unilaterale - prendere o lasciare.
Cosa chiede e vuole la Fiat? Straordinari sino a 48 ore settimanali; turni di 24 ore - inclusi i notturni - su sei giorni compreso il sabato lavorativo; derogare alla norma che comanda il riposo per chi svolge lavoro notturno di almeno undici ore; sanzioni pecuniarie in misura alle assenze dal lavoro - anche giustificate; licenziamento in caso di sciopero.
Se applicato questo nuovo contratto che accadrebbe? Gli operai - si tratta di lavoratori alla catena di montaggio - non possono rifiutarsi se richiesto di fare 48 ore settimanali; non possono rifiutarsi di lavorare al sabato; non possono rifiutarsi di riprendere il lavoro alle 6 di mattina dopo aver finito il turno delle 22 alla pressa; non possono ammalarsi pena decurtazione del salario; non possono fare sciopero.
Cosa mina questo nuovo contratto aziendale? La sicurezza dei lavoratori, prolungando il tempo di lavoro e accorciando il tempo di riposo; i diritti del lavoratori sanciti dallo Statuto dei lavoratori; il diritto allo sciopero sancito dalla Costituzione.
Come motiva la Fiat la sua richiesta? Appellandosi a dati di assenteismo prodotti dalla stessa azienda rilevati cinque anni fa non piu' aggiornati e oggidi' notevolmente abbassati, ove si imputa la maggior causa ai periodi elettorali - alias a quei tre giorni sanciti per legge per chi e' scrutatore rappresentante o presidente di seggio, onde garantire il democratico svolgimento delle elezioni.
Infine alla Fiom sindacati paragovernativi e pseudolavoratori, col supporto di Governo e media, vogliono imputare l'eventuale responsabilita' - se vincesse il NO al referendum sul contratto - della chiusura dello stabilimento a Pomigliano e la perdita di 5000 posti di lavoro.
E' lo stesso gioco del ministro Brunetta sui lavoratori pubblici, che adesso - come previsto e grazie ad una campagna mediatica preordinata - si vuole applicare pure al settore privato.
L'intento del Governo e della Confindustria e' di rivedere l'articolo della Costituzione sulla liberta' d'impresa; eliminare i laccioli garantisti dello Statuto dei lavoratori - inclusi quelli sulla salute e sicurezza dei lavoratori; abolire il diritto allo sciopero come ai tempi del regime fascista - mediante il ricatto occupazionale; retrocedere i lavoratori italiani al livello dei paesi sottosviluppati economicamente o asiatici - mantenendo un salario ridotto di un terzo rispetto agli operai europei dei paesi piu' evoluti.
Questo contratto e' l'anticamera l'apriporta per il lavoro futuro dei giovani italiani, ovvero nessuna garanzia e tutela, ricatti aziendali della serie o firmi e rinunci ai tuoi diritti oppure licenziamento, alcuna rivendicazione o rivalsa sindacale, totale sfruttamento.
Ecco su che si gioca la partita dell'Italia - a Pomigliano.
Non ci si lamenti poi se il proprio figlio - quello d'operai - non torna a casa non perche' si e' schiantato contro un albero al ritorno dalla discoteca - ma perche' schiacciato da una pressa.
Buona partita.

domenica 13 giugno 2010

Secret Garden


Sorrido.
A questo temporale che, come uno tsunami, spazza via certezze e sicurezze.
Stupendo assistere alla natura che sferza le frasche.
Questa pioggia torrenziale che vince l'arsura del deserto e rinfresca la mente.
Mi ritorna alla mente, chissa'  perche', la pulsione innata, congenita, istintiva dell'uomo.
Quella pulsione che ti obbliga, costringe a confessare, a una dea virtuale i tuoi peccati.
Ho ucciso un uomo, perche' picchiava un cane, o un barbone.
Scrivo da un bunker a caccia di mafiosi, non posso avere una donna ma a San Lorenzo guardo il cielo e ricordo la sola stella che ho amato.
Sento le voci, odio e amo, amica nemica, forse uno o tanti stupri...
Raccolgo, accolgo, non giudico, non assolvo.
Peccati o innocenze, doppi denti incisivi da lupo, o da pecora con zampe da femmina, come nella favola dei sette capretti.
Lo scrittore alternativo della casa editrice d'avanguardia, pronto a consumar lasagne.
Sorrido.
Ai pettegolezzi scialbi di comari dell'aia virtuale, di squallidi tradimenti mere mediocrita'.
Cio' che conservo io nello scrigno dei tesori non e' paragonabile agli scheletri nell'armadio.
Le confessioni del mondo sono un dolce peso, per chi e' gravida d'amore.
E' l'istintiva fiducia, rispetto e stima, l'unica isola a cui puoi tornare.
E che sai, messaggio in bottiglia, puo' arrivare.

sabato 12 giugno 2010

Bandolero



In un vicolo un lampione illumina la sagoma di una vecchia barbona china a rovistare nei bidoni dell’immondizia.
Farfuglia tra sè e raccoglie un frammento di vetro, immagina di specchiarvisi e vede campi di girasoli, un uomo e  una donna per mano, entrambi vestiti di bianco.
"Tu lo sai vero perchè continuo a vagare per strade, sordidi vicoli, bevo e poi vomito per la via, cado addormentata poi mi risveglio, parlo da sola e mi picchio con gli altri barboni, sputo loro addosso, a volte mi sputano loro, qualcuno mi infila la mano sotto la gonna, anche se sono vecchia e sporca, e se non fosse per i miei ragazzi di strada che vengono a strapparmi via, mi troverebbero fradicio cartone calpestato tra l’immondizia."
Affannata e brancicando, trova un bambolotto, due fori per occhi, la testa staccata.
"Ho perduto il mio bambino, sei tu il mio bambino? Come ti chiami? Oh che begli occhi scuri che hai, adesso la mamma ti cura la testina, ti prepara un bel bagno caldo, borotalco e poi a nanna, ti stringo forte al petto e ti canto una ninna nanna, e domani quando ti svegli ti copro di baci. Non aver paura dei brutti sogni, io ti veglierò… Pio pio il pulcino sono io…"
La donna culla il bambolotto accarezzandogli la guancia. 
Lo posa tra i cartoni e riprende a cercare.
Nelle sue mani un vecchio giornale illustrato. 
Lo sfoglia impaziente e si ferma sulla fotografia di Notre Dame, fa un inchino.
"Piacere Esmeralda, oh Paris cet amour ecco la chiesa, la statua di Amore e Psiche, la torre là la vedi? Ti porto sopra amore mio, non temere ti tengo per mano, non cadrai ci sono qui io… mi senti? Dammi la mano su."
Si inumidisce il pollice per girare più in fretta le pagine… 
Ancora i girasoli, un quadro di Van Gogh.
"Guarda tesoro mio i girasoli… Un vortice, una tempesta, che colori ha oggi il cielo… Il vento mi fa impazzire i capelli, mi sparge le poesie, i miei fogli come farai a leggerli a conservarli, sono le mie parole le nostre, aiutami a raccoglierle non vedi che stanno per volare via?"
Dalla sua misera sacca fuoriesce una bottiglia, ingoia un lungo sorso.
"Io sono pazza sì, pazza d’amore pazza di dolore. Malata, aspetto la morte ma non prima, non prima no di averti ritrovato bimbo mio, se solo tu non avessi avuto paura… Se solo avessi creduto ancora una volta nella tua mami mio dolce cucciolo…. La tua mami è pazza, fuggi, scappa, così ti dicevano i maligni, gli invidiosi, il timore che era in te e cresceva… E io cieca, sorda, muta che non capivo… Ma io non sono più pazza di chi non ha mai amato, di chi non sa amare, di chi per il tuo bene ha fatto il mio male, e il tuo di male… Di chi non può sapere cosa sentimmo, cosa fummo, cosa vivemmo… Le onde, te le ricordi le onde, quando ti portai al mare? Eri affascinato, negli occhi tuoi c’era il mare, nei miei c’era il cielo, e mare e cielo si confusero fino a un solo blu, e tu eri felice ed io ero felice… Vedemmo Dio, tu il tuo e io un Dio per me nuovo, sconosciuto ma immenso… Amore ricordi? Non puoi non sentirmi, non crederò mai che non riesci a sentirmi… I due bambini fragili sperduti nel bosco si presero per mano… C’era una volta…"
La vecchia getta via il giornale e raccoglie il guscio di un uovo, se lo porta all’orecchio.
"Tu vecchia vaneggi!"
"Di chi questa voce? Avanti, fatti avanti, se ne hai il coraggio. Io sono Madre Coraggio e i suoi figli, ma ne ho perduto uno, quello a me più caro, ti prego, non ridere del mio dolore. Straziami le carni ma non il mio cuore. Non avere nessuna pietà di me, nessuna compassione, non voglio elemosine. Non mi serve mangiare, non mi serve dormire, solo bere e vagare, vagare e bere, e ricordare una voce, un nome, un segno che mi porti da lui, dal mio bambino. Solo per udire ancora una volta il suo riso mi metto la maschera, indovina oggi chi sono?"
S’ode il miagolio di un gatto. Tra i cartoni un micino.
"Mami non piangere, lo sai che se tu piangi io non posso riposare, mi bagni il camicino, ho freddo, non posso, non voglio rientrare nel tuo mare caldo, mami lasciami dimenticare, io sono felice, ho qui altri angeli, sono belli come te mami, mi vogliono bene, non farti più desiderare, non invocarmi, dopo il limbo viene il Paradiso."
La donna raccoglie il micino, lo fissa, sorride, e poi piange.
"Va bene batuffolino, la mami adesso va a dormire, ti lascia riposare, il tuo respiro la cullerà, domani quando ci sveglieremo, non faremo più brutti sogni e ci sarà latte per te e caffè per me, e l’acqua fresca per ripulirci e ce ne andremo al mare… 
Senti l’onda amore mio, senti l’onda."
La vecchia barbona si accuccia sui cartoni, la bottiglia vuota accanto, in sottofondo da una finestra accesa le note di una canzone:
"E tu lontano non ci vai a morire come una puttana, prima del mio cuore, al posto del mio cuore: non mi lasciare solo in questa notte che non vedo il cielo…"
Due metronotte si avvicinano, si chinano su di lei. 
Uno dei due la sfiora in una lieve carezza.
"Anche per oggi ha finito la sua recita delirante. Buonanotte mami."

Cronache d'un sabato afoso

Il cielo e' d'un grigio torrido.
Gli animali stanno distesi, come in attesa.
Ti affacci alla finestra e la tua vicina di casa, cento chili di depressione, passeggia nervosamente in cortile facendo roteare le chiavi di casa.
Ha una macchia sulla camicia da notte, piange e dice non voglio restare da sola.
Mi ritorna alla mente Alda Merini, cio' che sarei potuta essere, cio' che potrei essere domani.
Il suo uomo e' del Marocco, forse la picchia, il figlio di tredici anni s'impegna a scuola ma l'italiano e' quello che e', lava i piatti pulisce casa fa le veci della mamma, ma lo vogliono far tornare in Marocco, perche' la scuola e' quella che e'.
La vicina lega il cordone delle chiavi alla ringhiera, poi v'appoggia il mento, pare una bambina.
Dice ad una vicina affacciati, e l'altra le risponde ti sto chiamando al telefonino, lei rientra in casa.
Io osservo dalla finestra - della vita, muta spettatrice.
Lo specchio mi riflette la mia immagine.
Avrei tante cose da fare, rassettare una ragnatela da togliere, ma rimango immobile statica.
E' il set di una scena di vita quotidiana, senza finale senza senso.
Ad immortalare qualcosa di negato, che ferma ogni azione in progress.
L'afa acuisce il disagio.
Ci vorrebbe un mare.

martedì 1 giugno 2010

Lettera al Presidente della Repubblica

 
Illustrissimo Presidente della Repubblica Italiana,
sono una ex ragazza degli anni settanta, figlia di operai, che conseguito il diploma professionale fece vari concorsi pubblici e - senza alcuna raccomandazione - ne vinse uno, lavorando negli asili per dieci anni. 
Scelsi da giovane di fare l'educatrice per credo - non per il posto statale sicuro - perche' amavo i bambini e il pensiero di contribuire ad un futuro evoluto e consapevole delle nuove generazioni. 
Vivo in una terra in cui gli asili come altri diritti fondamentali sono sempre stati il fulcro dei bisogni e valori della gente, rivendicati e giustamente finanziati e dall'ente locale e dai contribuenti, in nome di una migliore qualita' della vita e dei tempi di lavoro e di cura della famiglia. 
Poi il mio percorso lavorativo prosegui' nel settore impiegatizio pubblico - la cui retribuzione e' equivalente a quella di un operaio - cercando di svolgere il proprio compito in modo professionale e dando un servizio ai cittadini.
Sono sempre stata una cittadina onesta, pagando le tasse e rivolgendomi alla Giustizia - e non a mafia camorra ndrangheta partiti e politici - quando ho subito un'ingiustizia, col risultato che pur essendo nella ragione e nel diritto ho perso tutto, ovvero quel poco che mi avrebbe garantito un'esistenza una vecchiaia piu' serena e un lascito ai miei due figlioli.
Ho provveduto da sola alla crescita dei miei figli, in quanto lo Stato non garantisce tutela vera reale a madri e prole - per quanto la Costituzione dichiari che l'Italia e' un Paese fondato sulla famiglia - ma non ho mai beneficiato di assistenza in tal senso, ne' dalla Giustizia per un padre assente economicamente, ne' tantomeno dalle Istituzioni, non rientrando nelle categorie del disagio sociale, dell'emarginazione, del degrado, poiche' col mio medio basso stipendio sono sempre riuscita a provvedere ai nostri bisogni senza dovermi prostituire spacciare droga o riversare i lividi dell'anima sulle mie creature.
Con l'avvento dell'euro - col raddoppio del costo della vita e non dei salari e nessun contenimento dei prezzi da parte di governi di destra e di sinistra - mi sono ritrovata ridotta ad uno stato di semi poverta', ai margini della sopravvivenza, ma ho fatto fronte a tutto cio', affidandomi ad una finanziaria - con tassi quasi d'usura ma a quei tempi le banche non concedevano prestiti e comunque non avevano tassi minori - ipotecando la mia liquidazione e ancora una volta la mia vecchiaia. Ma premeva l'urgenza di crescere i figli, per cui ho sacrificato il mio futuro al loro.
Ho subito uno sfratto dal Tribunale, sebbene divorziata con figli minori, a favore di una banca con istanza fallimentare e relativa asta. Mi sono ritrovata - come una delinquente - col rischio di essere cacciata dalla casa su cui avevo versato settanta milioni al proprietario - dalla forza pubblica e per evitare l'ennesima umiliazione a me e ai figli me ne sono andata.
D'altronde in Italia solo chi ha denaro o appoggi politici puo' sostenere cause legali a oltranza, io la mia l'avevo persa e non avevo piu' soldi per l'appello.
Mia figlia - allora tredicenne - mi disse: “Mamma ho capito che tutto quello che si studia a scuola sulla giustizia sul diritto sullo Stato e' una panzana.” Come darle torto?
Imparo' cosi' ben presto pure lei sulla sua pelle come gira il mondo, al di la' di Costituzioni proclami ed editti, tant'e' che nei mesi estivi non scolastici fin da ragazzina ha lavorato nelle fabbriche, nelle gelaterie, non come certi rampolli senza voglia di studiare e di lavorare figli di politici. Non ha mai fatto uso di droghe o abuso di alcol, ed e' comunque cresciuta retta ed onesta, matura, poiche' i bamboccioni sono i figli dei ricchi, non dei poveri.
Per poterle permettere di giungere al conseguimento del diploma di maturita' ho venduto anche l'ultimo mio potenziale di futuro: il terzo di un appartamento di proprieta' famigliare, che e' servito per sopperire al costo della vita che, in due persone con mille euro al mese, non e' possibile oggettivamente sostenere, tra affitto bollette spesa e istruzione, perche' non e' vero che e' garantito il diritto allo studio, costano i libri i materiali scolastici le tasse l'iscrizione, e non me ne vergogno a dirlo - talvolta la mia figliola e' andata a scuola senza quaderno perche' mancavano quei maledetti cinque euro.
Ora dovrebbe fare l'Universita', e se la meriterebbe pure, poiche' ha voglia di studiare, ma non ce la fa. Con mille euro al mese della mamma, deve per forza andare a lavorare, certo puo' studiare e lavorare, ma l'Universita' costa, e non mi si venga a dire che ci sono le borse di studio, perche' comunque la tassa d'iscrizione costa cara e i testi, e i redditi per accedere alle graduatorie sono talmente minimi, che una famiglia monoreddito comunque non rientra, a meno che non lavori in nero o non sia gia' assistita dallo Stato, per cui non deve far fronte a spese vive come le altre famiglie.
Mia figlia non puo' permettersi abiti firmati o griffe, d'altronde non l'avrei cresciuta cosi' nemmeno fossi stata benestante, cosi' come il massimo di vacanze che ci siamo potute concedere e' una settimana all'anno nei mari italiani, non abbiamo mai fatto crociere, e' altresi' abbastanza carina affinche' un marpione attempato ne possa fare una velina, ma le ho insegnato il rispetto e la dignita', a mai vendersi o prostituirsi.
Il futuro che l'aspetta se laureata e' andare all'estero e abbandonare l'Italia e me, poiche' si sa che i giovani ricercatori emigrano e io non avro' la consolazione di una vecchiaia accanto ai miei figli. Ma andrebbe pure comunque bene, se garantisse la loro felicita'. Invece si prospetta per i nostri ragazzi un lavoro precario, sottopagato, sovente in nero, senza alcuna protezione e sicurezza sul lavoro, e vivo col terrore di ritrovarci invalidi additati al pubblico ludibrio o peggio, dovermi un giorno domandare come quella madre di un ventitreenne schiacciato da una pressa, dov'e' lo Stato?
Uno Stato per cui lavoro da trenta anni, che mi prospetta anni di miseria con lo stipendio congelato, una pensione forse a sessantacinque anni dopo quarantacinque anni di contributi ridotta di un terzo, colla quale non camperei, ammesso che ci arrivi, perche' anche la salute si compra, la paga chi puo' permetterselo, le cure costano cosi' come la prevenzione, per cui confido in Dio pur agnostica di conservamela per quanto risenta degli acciacchi dell'eta', mentre le televisioni pubbliche continuano a propinarci servizi su silicone e botulino invece che sui problemi reali della gente.
D'altronde io non ci credo piu' nel futuro, mio e dell'Italia. Ho visto deteriorarsi ogni valore, quelli per cui hanno combattuto i Partigiani, la Democrazia quella vera non telecratica, la Giustizia non quella partigiana dei ricchi e dei corrotti, la Costituzione e la Repubblica, dei padri d'Italia come Pertini.
Ecco perche' io il 2 Giugno non ho nulla da festeggiare, al di la' di retoriche ipocrisie falsita' propagate come verita', non puoi assistere ogni giorno al suicidio collettivo di una Nazione, e poi festeggiare.
Non La invidio Illustrissimo Presidente della Repubblica Italiana, nel suo greve compito istituzionale di ridare lustro ad un Paese talmente opacizzato da risultare vitreo, quale gli occhi di una morta.
Io nel mio piccolo non ho nulla da biasimarmi, ho fatto quello che ho potuto, per salvare me la mia famiglia e forse cinquanta anni di storia d'Italia.