domenica 19 ottobre 2014

La Leopolda

Leopolda - mannaggia a Renzi - cosi' si chiamava la mia nonna materna.
Una donna asciutta, che stava assente per mesi, a lavorare nelle risaie, e forse per questo non e' stata cosi' affettuosa con mia madre - che a sua volta ando' a lavorare nelle risaie - e se ora le risaie non ci sono piu', forse e' rimasto nel Dna l'anaffettivita', tant'e' che di generazione in generazione, da figli a nipoti, la frase tipica e' saro' anaffettivo ao'.
Quante volte tua madre ti ha spazzolato i capelli, e quante volte li hai spazzolati ai tuoi figli? Che poi un conto e' una spazzolata rapida nevrotica quasi frustante e frustrante, dettata dai tempi di lavoro e dalle preoccupazioni, altro una spazzolata morbida, carezzevole, dai ritmi lenti delicati e dedicati.
Comunque la nonna Leopolda almeno si sbizzarri' nei nomi dei figli: Armida, un gigante buono buddhista nome dato ad una femmina chissa' come e dove lo trovo', Afro che non si capisce se ha a che fare con l'Africa o le guerre mussoliniane in Libia, Iraide che non si sa da dove derivi, e infine Natalina, la piu' scontata essendo nata nei giorni natalizi.
Lo zio Afro era un mito, si fece tutte le scuole differenziali poi perse una mano sotto il treno, e girava per il mondo col suo pugno di legno ricoperto da un guanto di lana - angosciante per una bambina ai pranzi domenicali - lo chiamavano matto, ma il matto si giro' tutto il mondo cosi'.
Lo zio Giulio, marito della zia Iraide, girava invece in motorino per osterie, sovente cadeva nei fossi, e di lui si tramanda il ritrovamento ahime' fatale e letale nel gabinetto sito fuori casa, com'era nelle campagne all'epoca.
Della nonna Leopolda, e del relativo nonno consorte, ricordo poco o nulla, forse non era adatta a fare la nonna, non magari per sua volonta' ma per le circostanze della vita e per via del Dna.
Rammento pero' la campagna, le galline e i conigli. Fatto sta che ogni volta che sento nominare la Leopolda, mi tornano alla mente le stie dei conigli, stipati e pronti ad essere presi per le orecchie scuoiati e fatti arrosto, amen.
p.s. la ragazza nella foto e' la pronipote della Leopolda.

lunedì 31 marzo 2014

La statua d'oro

Passeggio sotto i portici della mia citta' martoriata, negozi vuoti gente frettolosa sguardi persi e vacui, la solita statua vivente color d'oro ma stavolta con un vero elemento vivo, un barboncino che pare quelli che un tempo mettevi dietro sulle 850 e muovevano la testa.
Passo oltre, poi mi fermo, e intanto penso, ma che il barboncino sia finto? E poi come fa a starsene li' cosi' immobile? Ma se fosse maltrattato fuggirebbe dato che non e' legato. E se invece fosse un artista di strada col suo cagnolino affezionato? E chissa' chi c'e' dietro quella maschera, forse un uomo una donna, un giovane un vecchio, un etero un gay una lesbo, un normodotato un disabile, un bianco un nero, uno equilibrato un folle, un equilibrista di questi giorni cosi' sull'orlo di una crisi di nervi, decido. 
Torno indietro, frugo nel borsellino, scovo due monetine, poi penso al cane, e son tre le monetine. Mi chino a inserirle nella scatola dalla fessura lacera, come la mia Terra stuprata, e per un attimo alzo gli occhi, quasi io vergognosa del poco che dono, alla statua vivente. 
Miracolo la statua porta il dito alle labbra e mi lancia un bacio silenzioso. Contraccambiato con un sorriso.