La morte rende tutti savi e mistici.
Evvai con la saga della retorica.
Nessuno si ricorda dello scherzo telefonico di Libero a Mino Reitano che si prostrava alla voce di uno pseudo Berlusconi?
Posso piangere per Faber o per Gaber, ma lascio a lorsignori i cori da prefiche.
Non e' che la morte cambia la gente, cosi' come nemmeno la vita.
Come diceva un mio amico per meta' folle, il male del mondo sono i cretini che si credono geni.
E che lo governano pure, aggiungo io.
Sempre spinta dalla curiosita' per i fenomeni mediatici, mi sono iscritta a Facebook, per vedere l'effetto che fa.
Ho messo la mia brava fotina da 'gnocca', la musica, i film, i libri preferiti - come se poi alla fine a qualcuno fregasse qualcosa - la dotta citazione da intellettuale della festa, lo stato civile e il rapporto sociale da 'acchiappo', il link ai miei blog, mancante solo il Cud.
Svolto il compito, il problema e': ora che ci faccio su Facebook?
Pare che serva a scovare compagni di scuola, ex colleghi, o a snidare vicini di casa.
Ma se sono vicini di casa, che ci parlo a fare in rete?
E soprattutto perche' devo andare alle adunate scolastiche stile amarcord per vedere chi ha messo su chili o perso capelli?
E ancora, se gia' detestavo le cene di lavoro ove si spettegolava sul collega assente, figurati che voglia ho di rivedere chi lasciai con un sospiro di sollievo.
Oppure si possono invitare sul network i vecchi amici.
Ma se sono contatti gia' presenti in altra messaggistica, stiamo a fare la moltiplicazione dei pani e dei pesci, o meglio dei cloni?
Quasi quasi rimpiango il tempo della more.
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