lunedì 29 marzo 2010

Uno su tre non ce la fa

 

Uno se tre non ha votato e' un forte segnale ma anche una forte sconfitta della democrazia.
D'altronde non ha colpa il popolo elettore ma i politici che lo rappresentano. 
Personalmente non depreco voto o non voto - mi astengo da giudizi di sorta sovente demagogici - la sola lettura che se ne puo' fare e' che non c'e' futuro non c'e' speranza non c'e' credo in questa Italia, e a ragione. 
Per cui chiunque vincera' sara' una vittoria di Pirro. e per la prima volta, avranno perso tutti. 
Ci si abitua adegua a tutto, al sangue iraniano per il diritto al voto e al non sangue italiano, annacquato dalle televisioni. 
Tanto comunque vada nulla cambiera', continuera' la crisi la disoccupazione e dalla nave dei folli si salvi chi puo'. 
Detesto i facili ottimismi entusiasmi la frivolezza di un voto in piu', come servisse a cambiare la vita, mai ho avuto diversi svantaggi da governi di opposta idea.
E cio' spiega ampiamente perche' un terzo di italiani non vota piu'. 
Anche io ho votato col sorriso sulle labbra, come andassi a una kermesse, a una recita, oggi in scena la commedia della democrazia. 
Finita la recita, il botteghino e' scarso, pochi applausi qualche fischio, con un sospiro di sollievo a chiusura sipario. 
Sono distanze infinite quei tempi, in cui si andava orgogliosi al voto, che nonostante tutto ci si sentiva Paese, comunita', Stato. 
Ora siamo foglie al vento, caduche, come su impalcatura pericolante, profughi di democrazia. 
Non ha piu' senso nemmeno parlare di rivoluzione - pacifica violenta ma chi se ne importa - al massimo ormai possiamo lanciare solo la stampella. 
O saltare per aria, miccia di una polveriera. 
Mi si domanda alfine che vi sono andata a fare. 
Semplicemente perche' soltanto lamentarsi senza votare, mi sarei sentita in dolo con me stessa.
Ancorata ancora ad una realta', se pur pessima.

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