sabato 31 ottobre 2009

Fuck it!

So benissimo che su cio' che proviene dai media va posta la domanda cui prodest, ma il fatto che comunque esca il marcio, mi pare quantunque una buona cosa. 
Perche' mentre ci si sta a disperare dei soldi che mancano, di padri, madri, figli senza lavoro, di caduti sul lavoro, di mafia, camorra e ndrangheta, c'e' chi si fa di coca, chi va a mignotte, chi a trans, chi ruba, chi si fa le leggi ad personam, chi inquina e avvelena, chi stupra, chi ammazza, coi voti, soldi e sogni nostri. 
E allora mi passa la voglia del perdono, del compatimento, della pieta', o pietas, cosi' come loro non ne hanno per noi, perche' se ne fregano allegramente, anzi, sono certa che ci deridono pure nelle alcove del potere. 
Per me la giustizia ha una sola faccia, quella proletaria. 
E siccome detesto la violenza, oltre che mi farebbe schifo toccarli, mi limitero' semmai li incontrero' a sputare addosso a lorsignori. 
Poiche' mentre io stavo a piangere per arrivare a fine mese, senza futuro per i miei figli, loro si gozzovigliavano senza pensare a me, ai giovani, al bene del Paese, indi per cui giusto che ora piangano loro, esposti al pubblico ludibrio, alla gogna delle masse e dei mass media. 
Poi se qualcuno ci guadagna sopra, tanto non abbiamo piu' nulla da farci prendere. 
Credo che Nostro Signore la penserebbe come me, sui mercanti del tempio. 
E' come se lo sposo d'Italia invece di provvedere alla famiglia, se ne andasse a gironzolare per bordelli. Qualsivoglia moglie e giudice gli leverebbe la patria potesta'. 
Questi sono i veri extracomunitari, fuori dalla comunita'. 
Gli Indiani d'America li avrebbero gia' condannati all'esilio. 
Ma noi siamo occidentali civili, ipocritamente politicamente corretti, buoni fuori e corrotti dentro. 
Ci fa paura un invisibile straniero e non un visibile vicino di casa. 
Un tempo i giornali titolavano sbatti il mostro in prima pagina, oggi sbatti il porco in prima pagina.
La vera porcheria non e' fare sesso ma fottere gli italiani.

martedì 27 ottobre 2009

Giudizi universali

Ripercorriamo le tappe di un percorso e rendiamolo edotto.  
Fui chiamata ad entrare nel comitato direttivo di un nascente movimento, composto da un gruppo motivato di persone, con le quali si e' operato in modo armonico e fattivo. 
A pochi giorni dal primo incontro fondatore del movimento, inaspettatamente si creo' una situazione spiacevole dalla quale mi dovetti repentinamente allontanare, non vedendo spiragli di sorta. 
La mia sensazione d'allora potrebbe riassumersi in un cielo caduto sulla testa. 
E conseguente relativa amarezza, delusione, disillusione; l'insinuante pomo del dubbio. 
Quel Noi che si stava costruendo s'era, sulla mia pelle, disgregato, venendo improvvisamente a mancare valori, credo, fiducia, lealta', coerenza. 
Mi sono sentita ancora una volta sola, abbandonata dal gruppo, non sostenuta, non rispettata, e dopo anni in cui non credevo piu' nella possibilita' di lotta e di aggregazione delle persone, non e' stato facile per me dover ammettere ancora una volta che ero riuscita a farmi del male, o a farmelo fare. 
Puo' accadere quando entrano in gioco emozioni e coinvolgimenti, si fa breccia nel muro e viene a mancare lo stoico distacco dalle umane cose. 
Come accaduto gia' in precedenza, dai tredici membri i 'Noi' del Comitato Direttivo, non e' giunto alcun segnale, e nemmeno io ne ho piu' inviati. 
Invisibile come la i minuscola. 
La mancanza di chiarezza uccide la partecipazione, la condivisione, ed esaspera le situazioni. Occorre parlarsi, spiegarsi, confrontarsi, recuperarsi.
Alla prova dei fatti comunque non ho sentito quel Noi di cui ci si faceva promotori, non ho sentito solidarieta', lealta', amicizia, coerenza, anzi mi sono sentita piu' sola che mai, tradita - mi si consenta il  termine - senza nemmeno sapere in nome di chi, che o cosa; oltre al tam tam mormorato o amplificato via rete.
Concludendo, non avendo alcun mea culpa da recitare, se di qualcosa mi si vuole rimproverare e' d'aver voluto bene, e di scriverne, da qui l'astio altrui e la mia cocente rabbia. 

domenica 18 ottobre 2009

Fratelli d'Italia

Non sono affatto d'accordo ad abolire il reato di villipendio, gia' sono cosi' poche le occasioni per essere fieri di essere italiani, e ahime' legate solo allo sport o a qualche raro premio Nobel, che mi si rivoltano le viscere quando l'unita' d'Italia viene rappresentata da un paio di calze coadiuvata da servizi televisivi sui calzini. 
Lo stivale d'Italia - il Risorgimento, la Resistenza - non intendeva dare codesta immagine di se', e' una questione di autorevolezza non di autorita', e se non si e' in grado di insegnare cio' ai propri figli ed educarli al rispetto al senso dello Stato, non ci si lamenti poi. 
Bruciare una bandiera nazionale o utilizzare l'inno italiano per uno spot commerciale, ovvero non mostrare rispetto al Presidente della Repubblica, non fa evolvere uno Stato in Nazione, ma contribuisce soltanto a regredirlo, livellarlo all'incivilta' di massa. 
Vorrei rivendicare il mio diritto al patriottismo non concedendo ad alcuno di levarmelo, oltremodo in onore a chi e' caduto in suo nome, dai partigiani ai servitori, onesti e probi, dello Stato, morti si spera non invano. 
Non si tratta ne' di fascismo ne' di comunismo, bensi' di senso di appartenenza, che vorrei vedere non solo ai mondiali, ma nella cultura, nella scienza, nell'orgoglio di essere italiani, migliori. 
L'educazione civica - al diritto e al dovere - inizia dal non gettare una cartaccia in strada al rispetto della natura, animali ed esseri umani, e' una forma mentis che s'inocula, respira sin dalla culla, e o la si ha o mai la si avra'. 
Me ne frego di ideologie e omologazione, di destra come di sinistra, voglio, vorrei, un mondo possibile in cui vince la ratio sull'emotivita', non su propria misura ma a misura d'uomo, donna, animale vegetale, ognuno con pari diritti e doveri, e meritevoli di rispetto. 
E' compito di ciascuno sognarlo, realizzarlo, per se stessi e i propri figli, o almeno far si' che le nuove generazioni lo portino avanti. 
Il prostituirsi - moralmente ed eticamente - pare ormai lo sport preferito dagli italiani, che trovano autogiustificazioni in toto, dimenticandosi il valore delle parole onesta' e dignita'. 
Ma se tale e' l'esempio per i figli, che crescono a propria immagine e somiglianza su modello dei genitori, vane le chiacchiere pseudo educative e pretendere di farne cittadini - uomini e donne - maturi, responsabili, consapevoli. 
Se meta' delle classi a scuola si droga, e' perche' si drogano le famiglie, con televisioni, consumi, tradimenti. 
E' lo specchio del popolo italiano, e del suo futuro. 
Se si imparasse a dire no alle droghe, alle televisioni, ai tradimenti, col coraggio di affrontare la vita e i problemi, non si vivrebbe nel buio ma alla luce, della verita'. 
Nessuno puo' risolverci la vita, tantomeno un credo religioso, politico, ideologico, mitologico, ciascuna esistenza e' nelle proprie mani, cambia solo se sporche o pulite. 
Ci si puo' sporcare e lavarsene le mani, quali Ponzio Pilato, oppure usare guanti e confondere,  occultare le impronte, o parimenti a mani nude, pulite, offrire una carezza. 
Ma se si vuole fare una carezza al mondo, occorre innanzitutto lavarsi le mani. 
E soprattutto non sporcarsele prima, se dovesse mai accadere, poiche' si e' umani e puo' accadere, imparare a porgersi le scuse, con l'impegno a non reiterare. 
L'intelligenza, la consapevolezza. la capacita' del navigatore consiste nel saper cambiare rotta, a seconda delle condizioni del mare. 
Solo allora si potra' e si vedra' com'e' dolce naufragare in questo mare.

mercoledì 14 ottobre 2009

Dieci domande


- C'e' un amore? - 
- Si'. - 
- Qual e' il suo nome? - 
- Amore. - 
- Da dove viene? -
- Da una terra bagnata dal mare. - 
- Quanti anni ha? - 
- L'eta' della follia e della saggezza. - 
- Che attivita' svolge? -
- Lo zen e l'arte della manutenzione della motocicletta. - 
- Cosa ti ha fatto innamorare? -
- La mente, lo spirito e il cuore. -
- E lui cosa ha trovato in te? -
- La sua isola perduta. -
- Il vostro segreto? -
- Credere. -
- Futuro e'? -
- Una notte magica. -
- Un sogno? - 
- I have a dream you are my dream. - 

Had I the heaven’s embroidered cloths Enwrought with golden and silver light The blue and the dim and the dark cloths Of night and light and the half-light, I would spread the cloths under your feet: But I, being poor, have only my dreams; I have spread my dreams under your feet; Tread softly because you tread on my dreams. (William Butler Yeats)

Se avessi il drappo ricamato del cielo, intessuto dell'oro e dell'argento e della luce, i drappi dai colori chiari e scuri del giorno e della notte dai mezzi colori dell'alba e del tramonto, stenderei quei drappi sotto i tuoi piedi: invece, essendo povero, ho soltanto i sogni; e i miei sogni ho steso sotto i tuoi piedi; cammina leggera, perché cammini sui miei sogni.

martedì 13 ottobre 2009

Interflex

E' in corso d'opera una campagna mediatica per screditare Internet - o meglio controllarla. 
Il Governo nell'accanirsi su stampa e informazione, sferra il suo attacco massiccio alla Rete - dichiarandole guerra. 
Lo fa attraverso i media, emittenti private di proprieta' del Presidente del Consiglio, con voce del suo luogotenente che s'inventa sondaggi tra casalinghe e pensionati riguardo Facebook, come se vendesse materassi. 
Dal pulpito televisivo di una rete che lo vede imbonitore illegale, per sentenza europea. 
Parallelamente sul primo canale nazionale, si ricicla la vecchia storia - per gli internauti - della ricetta della bomba rudimentale reperita su Internet. 
E gia' me li vedo chi digitando 'bomba' sul motore di ricerca si ritrova una bomba sexy lasciandoci la dentiera, e chi invece scambia la bomba di riso per un piatto tipico padano. 
O finendo magari su You Tube e scovando quello sporco comunista di Pelu'. 
Il problema comunque e' serio. 
Poiche' mediante questi messaggi non subliminali bensi' pubblicitari, si adottano le metodologie di marketing per vendere all'opinione pubblica una realta' distorta di Internet, da labirinto di specchi al luna park. 
Sino a deformare, amplificare, ogni proiezione d'immaginario dell'italiano medio, oltremodo quello non informatizzato, che non usa la Rete, e ancora ahime' maggioritario. 
Cosi' si creano ad arte gli spauracchi, si semina paura, panico, si induce il bisogno di sicurezza e si fornisce la soluzione di una regolamentazione, controllo, alias censura. 
Prossimamente assisteremo ad un potenziamento dei servizi giornalistici e televisivi sui mostri in Internet, soprattutto terroristi e pedofili, con l'aggiunta di storie caserecce piccanti di tradimenti, perche' si sa che l'italiano medio e' sensibile sul tema corna, ovviamente del vicino. 
La tattica, la strategia - e' un linguaggio da guerriglia istituzionale - consiste nel tam tam mediatico, nella coazione a ripetere del messaggio, cio' che in teatro si definisce tormentone. 
Proprio come si utilizza in pubblicita' per promozionare un prodotto, creare domanda e conseguente offerta - risposta. 
Non importa se si vuole vendere una mozzarella di bufala o una bufala intera, interessa colpire la mente, lo stato emotivo, mirare al cuore dell'italiano consumatore e/o utente. 
Fortunatamente la Rete - pur saltandoci sopra - e' talmente duttile d'aver molle ad effetto boomerang.

Febbre d'oro

Ho teste' parlato con un medico, gli ho domandato se i giovani dovessero vaccinarsi dalla preoccupante influenza suina. 
Mi ha risposto di no, che trattasi di normale influenza, qualche giorno di febbre, spiegandomi che il vaccino serve solo per i soggetti a rischio, con patologie croniche, e se lo dice un dottore... 
Da Carta costituzionale alcun cittadino puo' essere sottoposto a trattamento sanitario obbligatorio di vaccinazione di massa. 
Sovente tanti farmaci - e talvolta  qualche vaccino - sono business per lobby farmaceutiche europee americane e mondiali; creare ad hoc il problema, seminare paura, ansia, panico a livello mediatico, induce le popolazioni a rifugiarsi nei placebo farmacologici, che male forse non fanno ma sicuramente fanno bene ai bilanci di aziende e ministri. 
Sul tema e' consigliata la visione del film documentario inchiesta di Michael Moore 'Sicko' sul diritto alla salute, dimostrante i gravi problemi e le colpevoli distorsioni del sistema sanitario degli Stati Uniti, completamente in mano alle societa' private di assicurazione medica, e comparandolo con altri sistemi vigenti a livello mondiale. 
Se ne deduce come mai Obama sia cosi' contrastato nella riforma della sanita', e cosa bolle in pentola planetaria. 
D'altronde e' comprovato come spesso politici - o loro congiunti - siano soci di aziende farmaceutiche e implicati nel business sanita'. 
Il business sanita' - e relative concussioni - non e' solo un fenomeno locale ma globale, mondiale. 
La concussione - dal latino concussio-onis participio passato di concutere, estorcere - e' il più grave dei reati contro la pubblica amministrazione. 
E' un reato proprio in quanto puo' essere commesso dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio. 
La condotta incriminata consiste nel farsi dare o nel farsi promettere denaro o un altro vantaggio anche non patrimoniale abusando della propria posizione.
La corruzione ambientale e' quel fenomeno per il quale una persona sia convinta che determinati comportamenti siano dovuti da ormai una consolidata prassi popolare utilizzata da tutti, e per questo anche se non lecita, 'normale'. 
Concussione, collusione, corruzione sono le basi del sistema di potere in Italia.

lunedì 12 ottobre 2009

Dr. Marx e Mr. Smith

Speriamo che i sindacati muovano le terga non solo per la liberta' di stampa, ma anche per gli arresti domiciliari di dipendenti pubblici in stato di malattia, precari della scuola e del lavoro, cassintegrati e disoccupati. 
Mi sono veramente rotta le scatole di governi e ministri che fanno leggi anti costituzionali, spostando l'attenzione in tal modo dai problemi reali del Paese; e di perdere tempo, mesi, anni a raccogliere firme o presentare istanze di incostituzionalita', mentre l'Italia va a fondo, la gente perde lavoro e potere d'acquisto, l'economia va a rotoli e i giovani sono senza futuro. 
Quando in uno Stato i governanti non sono in grado di fare gli statisti e agli industriali tocca - invece che occuparsi di produzione - fare i politici, e' un Paese cronicamente in passivo, privo di prospettive.
Ora il primo interesse di lavoratori e imprenditori - quelli seri non da baraccone - e' destituire, delegittimare un governo inetto e incapace, che produce piu' danni che utili. 
Se in un'azienda si licenzia il manager, il direttore generale, non vedo perche' l'azienda Stato non puo' licenziare il premier, per deficit fallimentare. 
Adesso l'alternativa è una sola: si ferma ogni produzione - sia lavoratori che industriali - e si paralizza il Paese, in nome di una vera, reale, concreta ripresa e rinascita. 
Altrimenti non si esce da cotanto Stato comatoso, paludoso, da sabbie mobili. 
Lorsignori hanno interesse a restare aggrappati alla zattera, poiche' comunque avranno isole e paradisi fiscali; noi - gli italiani onesti, ricchi e poveri - abbiamo l'interesse a buttarli giu' dalla zattera, se vogliamo salvarci e salvaguardare il nostro futuro. 
Pertanto sospesa la lotta di classe - armistizio contingente - uniti si vince. 
Tanto, con Berlusconi mia figlia al massimo potrebbe avere un posto da velina al costo di una cena; con Bossi si assume solo se di razza pura padana; con Bersani ci vuole una tessera di partito o la Coopcard. 
Sarei disposta a fare un'alleanza pure col diavolo, al patto che si porti all'inferno codesta zuppa ripugnante e nauseabonda. 

giovedì 8 ottobre 2009

SOS Italia

Ho cresciuto i miei figli coi valori e principii della Costituzione italiana, l'ho studiata a scuola e a mia volta insegnato ed educato a rispettarla. 
Non tollero piu' - come gia' accaduto nel 2001 per il G8 di Genova - di trascorrere notti in bianco temendo un golpe, come se vivessi in un paese dittatoriale anziche' democratico. 
Non posso aver paura del mio stesso Governo. 
Se non sapete o non volete occuparvi dei problemi reali del Paese, disoccupazione, poverta', disagio e malessere, fate una concreta opposizione d'azione. 
Non e' un sole che ride, ma una luna che piange. 
Che non vuole essere consolata con manifesti, editti, programmi, ma sentire e vedere fatti ed atti, reale comunanza e vera solidarieta'.
E se non potete o volete proteggere voi stessi, fatelo almeno per i vostri figli. 
Il dovere di ogni cittadino e' la protezione, la tutela delle fragilita'. 
Se il globo di cristallo s'incrinera', una montagna di schegge ci trafiggera'. 
Questo mondo sta ruotando all'incontrario, fermiamolo in tempo. 

mercoledì 7 ottobre 2009

Diciotto anni fa dal diario di una mamma


15 gennaio 1991 
Oggi, dopo anni e anni di indecisioni, insicurezze, timori, ho deciso cosa voglio fare da grande. Voglio fare un bambino. Veder crescere giorno dopo giorno il figlio che ho già; cucinare gustosi pasti... Curare con amore le mie creature, il mio uomo, la mia famiglia. Scrivere. Poter dedicare frammenti di tempo prezioso a spandere inchiostro, senza temere di rubare momenti di amore vitale per gli altri. Senza provare sensi di colpa e di abbandono ad ogni foglio che riempio. Senza più patire per ogni parola che lascio riposta, di notte, nella mia mente. Scrivere. Col rispetto del proprio lavoro. Nella pace del silenzio di una casa vuota, in armonia con me stessa e con il mondo intero. Voglio cambiare la mia vita. E voglio cambiare la vita di tutti noi. Desidero un bimbo piccolo da tenere tra le braccia. Che odori di cacca e borotalco. L'essenza stessa che ha vita. Voglio che la vecchiaia, se vecchiaia ha da essere, sia piena di buoni ricordi e dolci rimpianti. Mai, di sogni frustrati ed acri rancori. E giungere all'ultima ora senza pensare a ciò che hai smarrito e mai più ritrovato... No. Non ho paura della morte. Ho solo paura d non essere ancora abbastanza viva, quando essa arriverà. 

16 gennaio 1991 
Mentre io penso a reinventarmi la vita, si odono in giro parole di morte. La parola guerra aleggia nell'aria, portando con sè l'odore e il sapore di una bocca impastata dal sonno e dall'alcool. E' assurdo come il destino degli uomini sia appeso ai fragili fili di un qualche, patetico, burattinaio pazzo. Eppure, stanotte, è giunta notizia: guerra. Che notte! Seduti sopra il divano, davanti al televisore, sullo schermo appare il faccione di Emilio Fede. Quello che un tempo conduceva un gioco psicologico, Test mi pare si chiamasse. Ma ora, altro che gioco. Perchè da voce profonda echeggiano parole che suonano male: aerei, missili, bombardamenti... Oddio, che fare? Momenti di panico, paura, terrore. La vita non vale più nulla. Addio ai tanti progetti in fumo; occhi e orecchi incollati ai transistors. E si veglia. Nell'ascolto dei collegamenti con paesi dai nomi a noi ignoti, ci arriva qualche immagine che ricorda i fuochi artificiali della festa del santo patrono. E tutto ad un tratto, ci viene freddo addosso. Regoliamo il termostato, e ci facciamo un panino. Non credo che significhi qualcosa, pur se in tale frangente, farsi un panino. Serve solo a scaricare la tensione. Dìaltronde, mangiarsi un panino, non è più deleterio del continuare a dormire il sonno tranquillo di una guerra lontana. Accidenti! Ho alzato la tapparella nella speranza di scorgere un lume in qualche casa accanto. Il buio assoluto. Peccato, nemmeno un lumino filtrava dalle persiane blindate. In queste occasioni farebbe piacere sentire la gente vicino. All'alba si decide di andare a dormire. Ma poco dopo la voce gracchiante della radiosveglia ci riporta alla guerra. E noi, ci laviamo la faccia, e ci rechiamo al lavoro. Per la strada, la gente mi pare strana. Seria, preoccupata. Ma forse è solo una mia impressione. Forse sono soltanto io a sentirmi stralunata. Prima di andare in ufficio, compro il giornale. Nella mia borsa, tengo la radiolina a transistors. Sul lavoro si parla della guerra. Ognuno ha la sua da dire. C'è chi ammette di avere paura, chi da' ragione agli americani, qualcuno invece rimane tranquillo. Comunque nessuno, quel giorno, ha voglia di fare del lavoro. E si discute di bomba atomica, di armi chimiche. Anche le profezie di Nostradamus diventano argomento di conversazione. Dagli altri uffici, ci giunge la radiocronaca della guerra. E ciò mi consola, perchè mi fa sentire un po' meno ridicola. Con la mia antidiluviana radiolina dall'antenna monca. Sul video del computer compare una scritta: - Tutti in piazza! No alla guerra! - E' il caos. C'è chi timbra il cartellino e se ne esce dall'ufficio. Chi decide di restare, e chi non sa bene cosa deve fare. Il sindacato, stavolta, non c'entra. Gli studenti sono già per le strade a gridare i loro slogans di pace. Io, scendo in piazza ma non vedo nessuno. Poi fanno un ballo, un girotondo, e si ritorna al lavoro. Boh?! Ho telefonato alla scuola del bambino. Mi hanno risposto che le lezioni continuano. Anche questa sera la trascorriamo davanti alla televisione, aspettando con ansia la sigla di Studio Aperto (a proposito, bella sigla azzeccata, sia per il suono che per l'immagine). Ed ecco apparire il faccione di Emilio Fede, che quello ormai è di casa. Come un vecchio parente. O caro Berlusconi. Noi, che non ti abbiamo mai apprezzato, con questa diretta sei stato rivalutato. Perchè farai anche la TV commerciale, che tutto fa audience e spettacolo. E avrai pure tutti i tuoi fantastiliardi, come un novello Paperone... Ma almeno tu, in questi tragici momenti, qualche notizia ce la dai. Non come la Rai, fanfara governativa, che non si degna nemmeno di interrompere il film notturno, per annunciare la guerra. Ma quale panico, quale allarmismo... In nome di quale popolo, si celebra l'apoteosi dell'ignoranza? Non c'è peggior nemico del popolo del silenzio. La gente deve, vuole, ha il diritto di sapere. E che "La mummia" (mai titolo di film fu più adeguato alle circostanze) si porti tutti quei cervelli imbalsamati con sè all'inferno! Anche stanotte, o meglio stamane, è giunta l'ora di andare a dormire. Ognuno, col proprio fardello di incubi... Senza speranze, ne' futuro dentro. E adesso che faccio? Questo figlio l'ho da fare o no? 

17 gennaio 1991 
No. Questo figlio non lo faccio più. Stamattina sono andata al lavoro, e come ieri, anche oggi è comparsa la videata: - Sciopero! Tutti in piazza! - C'è solo un problema strategico: la piazza è occupata dalle bancarelle della festa di S. Antonio, il protettore degli animali (ma guarda un po', quando si dice la coincidenza). E allora, che si fa? Si telefona ai sindacati. I quali, naturalmente, sono in riunione. Perchè si sa, che i sindacati sono sempre in riunione. Ci arrivano voci di ritrovarsi tutti in un altro piazzale. Lì giunti però, non troviamo nessuno. Infine scorgiamo un gruppo di persone dirigersi verso il parco, per cui ci accodiamo; sperando che non vadano per i fatti loro. Dietro di noi, la fila si allunga. Nessuno comunque conosce il punto d'arrivo. Ci sono studenti, impiegati, operai... E tutti si cammina col gelo nei piedi. E anche nel cuore. Alla fine del nostro percorso, come chiamarlo? Passeggiata della pace? Ognuno se ne va per suo conto, qualcuno ritorna in ufficio. Io penso che la reazione pacifista alla guerra, faccia parte dell'istinto umano di sopravvivenza. E che la paura collettiva della sopraffazione della morte sulla vita, si manifesti anche con una camminata comune. Tanto per non sentirsi soli. Esiste sempre però il fatidico cretino. Personaggio emergente in tali occasioni, che dall'alto di uno scranno di partito, tuona improperi sulla razza dei lavoratori che hanno osato abbandonare il posto di lavoro. Per protestare contro una bazzecola come la guerra! Una guerra oltretutto, votata e approvata dal suo stesso partito. Il cretino cronico di cui sopra, evidentemente, avrebbe forse da porre le sue rimostranze anche al Santo Padre, reo di essersi dichiarato preoccupato per le sorti di questo conflitto? E' pur vero comunque, che in questa miriade di onde sonore portatrici di notizie, informazioni, controdeduzioni, possiamo rilevare come i ragli si odano e ci giungano amplificati in tutta la loro potenza animale. D'altra parte, i sindacati in comune accordo con i partiti della sinistra, hanno decretato che le ore utilizzate dagli scioperanti per manifestare contro la guerra, debbano essere recuperate in termini di lavoro. Sigh! Cos'altro dire? Stendiamo un pietoso velo. Una sola cosa mi consola. Che i venti di guerra servono a separare i saggi dagli imbecilli. 

18 gennaio 1991 
Si parla di armi chimiche. Molto significativa la foto in prima pagina sul Manifesto, che mostra una donna vietnamita dal volto coperto con le mani, devastato dal napalm. Struggente anche la lettera del giovane toscano che parla ancora col cuore comunista. Diventa messaggio di pace la poesia che narra le atrocità di tutte le guerre. Anche un quotidiano come il Manifesto ha aumentato la sua tiratura. Bravo però quel suo giornalista, l'unico italiano assieme ad un altro della Rai, a rimanere sul campo di battaglia. La maschera antigas è il simbolo di questa guerra. Mentre la gente litiga nei supermercati per un chilo di zucchero. C'è chi ha paura degli extracomunitari (ultimamente sono i capri espiatori di ogni nefandezza che colpisce il nostro paese). E chi invece propone di buttare la bomba atomica sugli stati nemici (perchè poi a loro sì e a noi no? La stessa ipotesi potrebbero sostenerla anche gli altri). Qualcuno teme che la guerra si allarghi a macchia d'olio. Un'immensa chiazza nera proprio in quel mare in cui andiamo di solito a bagnarci... E che vengano richiamati i nostri uomini a fare gli spazzini della Patria. 

19 gennaio 1991 
Questa guerra, ancora distante geograficamente, e così vicina e presente nei nostri pensieri. Ormai divenuta compagna del quotidiano, ci sta condizionando l'esistenza. Dopo anni di relativa tranquillità, si riaffaccia lo spettro del male. L'incubo del lupo della nostra infanzia. E tutto ciò che ci dava sicurezza: il lavoro, la casa, il denaro, gli affetti, diventano beni precari. Che oggi sappiamo di possedere, ma che domani potrebbero venirci tolti. All'improvviso, e contro la nostra volontà. Il benessere mentale ormai è un valore effimero. E la tensione di questa guerra ci riporta alla precarietà della vita stessa. All'impenetrabilità degli umani destini. Se la guerra diventa mondiale... Le pareti delle nostre case crolleranno. I nostri uomini saranno trasformati in soldati. Noi donne, con le nostre povere creature, resteremo sole; abbandonate. A morire di fame, miseria, malattie. E di veleni chimici e atomici. La guerra ci è già esplosa dentro. E cambia la gente. 

20 gennaio 1991 
Anche il mio bambino parla della guerra. E quando sente la sigla di Studio Aperto mi chiama: - Mamma vieni, ci sono le notizie sulla guerra. - Insieme, abbiamo cercato sull'atlante i nomi e i luoghi di quei paesi sconosciuti. Di cui anch'io, dai tempi della scuola, avevo perso memoria. Mi riesce difficile, ora, rispondere alle domande del mio figliolo. Dopo anni di distinzione netta tra il bene e il male, di convinzione politica riguardo ai buoni e ai cattivi, adesso non so più da che parte schierarmi. E' vero. Gli americani non mi sono mai piaciuti, soprattutto dai tempi del Vietnam. E' altrettanto certo che hanno armato lo straniero, e che ora il fantoccio si rivolta contro il suo padrone. Ma è anche vero che questi non scherza, e che pare ben deciso a massacrare, inquinare, distruggere ogni forma di vita, prima di cedere le armi. E allora? Da che parte sta il giusto, il saggio, Dio? 

21 gennaio 1991 
Io, atea, con la crisi mistica. Mi verrebbe voglia di comprare un crocefisso, magari di legno dipinto. Così, come a richiamare alla mente primitivi feticci di pace. Che fare? Non credo più alla politica. E questa volta, devo proprio ammetterlo, mi è piaciuto il discorso del Papa. Chi l'avrebbe mai detto! Io, militante marxista. Che all'età di trent'anni, si accosta ad una chiesa, accende una candela, assiste alla messa e regala cinquantamila lire al prete! Ma dico, scherziamo? Io, femminista convinta. Con la fregola di starmene a casa, tra fornelli e bambini, pannolini e ragù! E che siamo, impazziti? Io, madre moderna. Sicura di tenere la verità in palmo di mano. Certa di saper raccontare ai miei figli la storia più vera, quella della povera gente... Adesso che si parla di guerra, non so più cosa dire. E pensare che ho letto, ho anche studiato... So solo che non voglio la guerra, che amo la pace, l'intelligenza, l'umana ragione. Ma sono solo parole, in questi venti di guerra. 

22 gennaio 1991 
Ho deciso. Questo figlio lo faccio. D'accordo che c'è la guerra, che è un brutto momento. Che non esiste più niente di certo. Lo so che è da pazzi. Ma proprio per questo, lo voglio! Ritorno a fare l'amore, le cose di ogni giorno, Non è indifferenza. Rimango aggiornata, ma la vita va avanti. Comunque. Non si deve fermare la speranza. E penso a città devastate. A quei figli che vengono al mondo con le maschere antigas. Alla bambina di tre anni soffocata dal tubo di gomma, che doveva servire a difenderla da un lupo al napalm. E a quei piloti dagli occhi pesti. Dallo sguardo smarrito. In quanti uomini, donne, bambini, nella storia delle guerre, ho rivisto gli stessi occhi pesti. Lo stesso sguardo smarrito. La belva umana, già... Auschiwtz... E il tiranno, è proprio il Diavolo? Il Pazzo? Il Male? Qaunti demoni ha partorito la storia. E quanti tribunali dell'Inquisizione sono sorti per dichiarare giusta e santa la tortura. Dio, che mondo! E' questo il mondo che vogliamo raccontare ai nostri figli? Il lupo, al contrario di Dio, non è mai morto. 

23 gennaio 1991 
I giovani. Mi sono piaciuti, questa volta, i giovani. Hanno dimostrato che non portano a spasso cervelli obliati dalla cultura dell'effimero. Sono scesi in piazza e hanno gridato, danzato, pregato... Invocato la pace. Per primi. Fuori da ogni schema di partito, dai condizionamenti degli adulti, da qualsiasi chlichè sociale, i giovani si sono fatti vedere, sentire, ascoltare. Conoscere. Guai, ragazzi. A dare ascolto alle voci che vi vogliono per forza affibbiare etichette: pacifisti, detrattori, disertori... Non fateci caso. Sono solo vibrazioni animali che riempiono di ragli la volta celeste. Non sprecate tempo prezioso a difendervi dalle accuse, ma continuate a bruciare energie per parlare, studiare, discutere. Per vivere insieme questa tragica, maledetta, avventura della guerra. Andate. E fate le fiaccolate della pace. Scrivete poesie. Dipingete striscioni. E che tutto ciò vi serva a scoprire e a comprendere, che il desiderio di pace nasce unicamente dalla voglia di stare insieme agli altri. 

24 gennaio 1991 
La guerra che doveva durare solo pochi giorni. In una settimana di bombardamenti, distrutto tutto il potenziale chimico ed atomico del nemico. Erano solo modellini. E la guerra prosegue. Fino a quando, non si sa. Le informazioni ci giungono censurate, centellinate, sterilizzate. Ed i silenzi imbarazzanti, vengono riempiti dalle inutili parole degli esperti dell'ultimo momento. Quelli che con le loro facce noiose sproloquiano dai nostri teleschermi. Come invadenti pettegole di condominio. Si assomigliano un po' tutti, questi anemici venditori di aria fritta. L'unica persona che ho gradito ascoltare in una trasmissione televisiva, è stato mr. Falk. Ha detto a parer mio cose giuste e sensate, e non solo riguardo alla guerra. Un pizzico di cultura. Un vero signore. 

25 gennaio 1991 
Lo stato d'Israele, per ora, non reagisce alle rappresaglie. E meno male, che il conflitto non tende ad allargarsi. Naturalmente, in cambio, saranno state fatte promesse, patti, trattati. E ben vengano, se servono ad evitare altre guerre, altri eccidi, nuovi olocausti. Intanto, dall'altra parte, s'invoca Allah. Quante stragi sono state compiute in nome della divinità. Dai tempi delle guerre sante fino ad arrivare ai giorni nostri. Quel che pare assurdo è come i popoli continuino a combattere e a morire in nome di un Dio, che da sempre, si trova alleato coi potenti. Nel frattempo, mentre si incendiano i pozzi di petrolio, alte colonne di denso fumo nero rischiano di affumicare, oltre che l'intero pianeta, anche Nostro Signore. 

26 gennaio 1991 
Oltre alla guerra, pure la disgrazia. Il ricovero urgente all'ospedale di un parente stretto, mi impedisce di dormire. E così ascolto le ultime notizie sulla guerra. E comincio a pensare. Come si fa a raccontare la morte a un bambino? Per esempio la fine di una persona cara, a cui vuoi bene. Dover spiegare che non esiste più. Che non lo potrai mai più vedere... E come si può spiegare la morte di mille bambini? Le atrocità di una guerra. Le infamie commesse dagli uomini in nome di un diritto... Speriamo che non ci sia mai bisogno di spiegare niente. 

27 gennaio 1991 
Sembra un'immagine della Storia Infinita. Il Nulla che avanza e che divora nel vuoto tutto ciò che incontra lungo il proprio cammino. Il Nulla in questo caso specifico ha un nome. Si chiama petrolio. Avanza nel mare e inghiotte vestendoli a lutto, pesci, uccelli, piante. Ogni forma di vita. Anche questo, è la guerra. Distruggere la flora, la fauna, la natura. Inquinare cieli, mari, terre... E' una guerra cominciata da tempo. Quella di oggi, ne è solo conferma. La guerra all'ambiente naturale è già stata dichiarata dall'uomo tanti anni fa. La guerra sporca delle industrie, degli scarichi, dei veleni e delle devastazioni. L'assassinio premeditato di animali, foreste, equilibri... Scaricare in mare tonnellate di petrolio, è l'ennesima infamia di un demone folle. Siamo tutti d'accordo. Ma quanti demoni come lui, meriterebbero di bruciare all'inferno, colpevoli di aver riversato in tutti gli oceani mondiali, vagoni di sudiciume radioattivo? Questa è la guerra dello sporco denaro. E sempre in nome del dio profitto. Di fatto, cambia soltanto il nome del Dio. 

28 gennaio 1991 
Che tristezza le immagini di quegli uccelli acquatici dalle piume soffocate dal petrolio. Anche i suoni ci raccontano della guerra: il rombo dei bombardamenti, la stridula sirena lancinante, lamenti, grida... E' vero. Questa guerra ci arriva sterilizzata, chirurgicamente asettica. Poche sono le immagini di distruzione, morte, sofferenza. D'altronde, sono davvero necessarie certe fotografie, certe riprese in diretta di assassinii, stragi, violenze? Diritto di cronaca. Forse che non ricordiamo già più qual è il macabro volto della morte? Abbiamo davvero bisogno di vederne la tragica maschera, reclamizzata tra spot che ci presentano dentifrici e saponette, o magari (quale beffa del destino) la patetica assicurazione sulla vecchiaia? Non ho mai condiviso le ciniche immagini e descrizioni che ci vengono propinate negli ultimi anni, dai mezzi di comunicazione. No. Non si tratta di nascondere la testa sotto la sabbia, per non guardare in faccia la realtà... Ma di difendere l'ultima dignità che ci rimane: il diritto di morire tra le mura di casa nostra. Nel sacro rispetto dell'umano dolore. 

29 gennaio 1991 
Stamane ho fatto il test di gravidanza: è risultato positivo. No. Lui non sa ancora nulla, ma forse ha intuito. D'altra parte, nemmeno io ne ho la certezza. Tra qualche giorno, molto probabilmente, ne parleremo insieme. Nel frattempo, mi sono buscata l'influenza. E così posso almeno permettermi di starmene a casa tranquilla. A scrivere le mie notizie di guerra dai pressi di casa. 

3 febbraio 1991 
Ho appena saputo di questo figlio in arrivo, e già mi vuole lasciare. Che abbia avvertito anche lui che tira una brutta aria di guerra? Il dottore mi ha detto di stare a riposo. Va bene. Obbedisco, e non vado al lavoro. Ma a casa che faccio? Ascolto le notizie di guerra, ma non mi riesce di scriverne. Perchè la nausea è più forte dell'arte. Intanto i bambini inventano poesie che parlano di pace. 

4 febbraio 1991 
Ho sentito che hanno catturato una soldatessa di appena vent'anni. E mi viene da chiedere, come prima reazione a livello epidermico, ma chi accidenti gliel'ha fatto fare a questa, di andare alla guerra? Sì, lo so che c'è l'emancipazione, i diritti, il suffragio universale... Ma la conquista della parità, non significa appropriarsi pure dell'imbecillità umana. Povera ragazza. E penso a quello che potrebbero farle. Stupri, violenze... Quante donne, vietnamite, greche, cilene, somale, italiane, americane, russe, sono state violentate, torturate. E poi uccise. Lordate da ogni sporca guerra. Per le strade dei loro paesi. Tra le mura delle proprie case. E quanti aguzzini liberi in giro per il mondo, che continuano a spargere il malefico seme della violenza sulle donne, sui bambini. Su tutta l'umanità diseredata. 

5 febbraio 1991 
Su Bagdad continuano a piovere bombe. E io mi chiedo cosa vi sia rimasto ormai ancora da distruggere. Intanto arrivano i primi dati sui morti, sui feriti, sui cadaveri dei civili seminati lungo le strade. Incidenti di percorso? Questa guerra programmata col computer, come ogni altra guerra che si rispetti, comincia a contare i propri morti. Ma a noi, miseri mortali, è concesso calcolarne le perdite, solamente con le biglie di un pallottoliere. E mentre in America, giovanissime vedove piangono marines e si consolano scaldandosi il letto con una fredda medaglia, in Italia il Papa tuona che la guerra può essere giusta. No. Non mi piace più questo Santo Padre, disposto a sacrificare i suoi figlioli sull'altare dell'egemonia. La storia dell'umanità, fu scritta da miseri Isacco a cui nessuno fermò la mano. 

6 febbraio 1991 
Non mi riconosco nella politica di Occhetto. Nel PDS, nella guerra e nei suoi ghiandotti. Compagni di un tempo, si parlava di modelli di vita, di cultura del valori, di fede nell'umana ragione. E si era schierati dalla parte della povera gente, delle donne, dei bambini, di vecchi e malati di mente. Anche i drogati trovavano un posto nel cuore. Adesso che siamo sterilizzati, che ci hanno organizzato la vita, che tutto si è livellato, ci manca il respiro, abbiamo lo stress, soffriamo di un male insidioso. Si chiama nostalgia. Nostalgia di storie vissute, di progetti impossibili, di tante parole disperse che allora, per noi, avevano un senso. Parlavano di amore, di pace, di libere scelte. Il nostro, struggente, sogno americano, era sito in una speranza. Il sogno dell'utopia. 

23 febbraio 1991 
Ho trascorso quasi una ventina di giorni, coricata sopra al divano. Perchè ad ogni minimo movimento delle mie membra, corrispondeva un'acuta contrazione allo stomaco. E così non ho potuto scrivere. Tutta presa com'ero dall'esplorare questa mia corporeità, tanto intima quanto, improvvisamente, indomita e selvaggia. E' strano come il malessere fisico, a volte, riesca ad annullare ogni velleità intellettuale. E pensare che la scienza, è riuscita a fotografare e ricostruire l'identikit del colpevole dei miei malori. Si tratta nientemeno che di un fagiolo misurante quattordici millimetri, con residenza stabile e fissa dimora presso la cavità del mio utero. Questo mio figlio, o figlia, appena concepito... E già immortalato su carta patinata. 

24 febbraio 1991 
Ebbene, lo confesso. Mi piace guardare la trasmissione di Costanzo. Peccato che l'ora sia sempre un po' tarda... D'altronde però, nel magico incanto del silenzio di una stanza vuota, mentre gli altri sono tutti a dormire, io mi rilasso, mi diverto. E a volte rifletto. Storie ironiche e drammatiche, vere o inventate che siano. Personaggi naturali e sinceri. Altri, mascherati e artefatti... Tutti comunque, hanno in comune lo stesso copione da recitare. Primedonne della tragicomica commedia della vita. 

25 febbraio 1991 
E come dice appunto Costanzo, smettiamo per un attimo di parlare della guerra lontana, e trattiamo di quella più vicina a noi. Di quella che ci abita in casa: la mafia. La mafia che ammazza i bambini, che vende la droga, che smercia potere e denaro in cambio di anime dannate. La mafia assassina, che gronda di stragi, di eccidi, di efferati delitti. E noi impotenti col cuore che piange, a sentire i lamenti strazianti della povera madre, a cui la mafia ha reciso i figlioli. Le grida di dolore di tutti quegli orfani, ai quali la mafia ha mutilato l'infanzia. Le accuse rabbiose delle giovani mogli. A loro la mafia, ha carbonizzato l'amore. E c'era una volta, in un lontano paese, dove regnava giustizia ed onore, un saggio capo tribù che dichiarò la guerra alla mafia. Il popolo ne ebbe fede, e combattè accanto a lui. E c'è in un altro stato civile, dove governa corruzione e violenza, un patetico capo tribù che decreta la guerra. La mafia ne ha fede, e vota per lui. 

26 febbraio 1991 
Saddam si ritira. Stasera ci è giunta notizia. Ma poi, sarà vero? Significa che la pace è vicina? La Russia ha provato a trattare. L'America vuol continuare a dare battaglia. Il popolo iracheno si trova in ginocchio. Tra macerie, miseria e colera. Intanto, mentre attendiamo che dall'alto del mondo, si decidano le sorti di questo conflitto, dal centro del nostro paese echeggiano solenni anatemi sulla giustizia italiana. Per un istante, mi sento alleviata da ogni mia sofferenza. Vuoi proprio vedere che finalmente si grida vendetta, contro lo scempio di una sentenza che libera i mafiosi assassini? Che per almeno una volta, nella storia delle poveri genti, un capo di stato chiede giustizia in nome di quel popolo che poi rappresenta? Amara verità. Provo un'enorme vergogna a scoprire che si lanciano fulmini sopra la testa di giudici, colpevoli di essersi appellati alla pace! Come ho potuto, seppure per un breve momento, tornare a sperare? No. Lo Stato è già morto e sepolto. Come defunta è la giustizia. Per le vittime di Brescia, di Bologna, di Ustica... Di tutte le stragi e le guerre del mondo. Siamo un popolo indegno. Nel Paese dei Pulcinella, dove soffia prennemente il ghibli della menzogna, oscillano al vento le spoglie immortali del Giuda. Appeso a un ramoscello d'ulivo. 

27 febbraio 1991 
I soldati iracheni si consegnano a chiunque. Laceri, affamati, confusi. Nel frattempo Saddam, continua a farneticare deliranti proclami di istrioniche vittorie. L'ONU pretende l'accettazione di tutte le sue risoluzioni. L'America non intende cessare il fuoco fino alla resa incondizionata del nemico. L'Urss tenta ancora una volta di fermare le ostilità nel Golfo. Dai giornali italiani, si levano i primi stridi dei grilli parlanti nostrani. 

28 febbraio 1991 
Sospesi i combattimenti. Il Presidente americano annuncia la fine della guerra. Si tirano le somme. Bilancio positivo per le forze multinazionali, anche se un centinaio di soldati sono morti in questo conflitto. Ed ancora rimane un mistero, la sorte dei prigionieri di guerra. Centomila invece sono le vittime irachene. E un Paese, distrutto. 

1 marzo 1991 
La guerra è finita. E' esplosa la pace. Cominciano ad arrivare i primi resoconti, le cronache degli ultimi frammenti di guerra. Tanti sono gli episodi assurdi. Patetici e grotteschi. Le truppe nemiche che si arrendono a giornalisti televisivi, o ad aerei radiocomandati. Uomini, letteralmente prelevati dalle strade ed arruolati nelle armate nazionali. Come il povero americano sequestrato durante la visita ad un vecchio parente. O il ballerino chiamato alla guerra, calzando lucide scarpe eleganti. Sembra il macabro copione di un film demenziale. E come in tutte le vicende che narrano di guerra, di violenza, di sopraffazione, ci giungono puntuali i primi racconti che parlano di orrori, di atrocità, di immani bestialità. Rastrellamenti, deportazioni, torture... Il terrore di una donna impazzita, a cui hanno strappato il neonato dal seno. E poi dato il suo latte e il suo corpo di madre, in pasto alle belve affamate di una prigione. Ancora una volta la storia si ripete. Infierendo sui più deboli, sulle donne, sui bambini... Cantiamo pure vittoria per la fine di questa guerra. Ma non dimentichiamoci, che nascosto in qualche angolo sperduto di mondo, c'è sempre un essere umano che piange. E mai sarà pace. 

7 ottobre 1991 
Oggi è nata Agnese 
la mia creatura
cittadina del Mondo.

martedì 6 ottobre 2009

Campo minato

Le parole sono armi o le parole sono mine? 
Inoltriamoci nel campo minato della comunicazione, meta e mediatica. 
La parola trappola. 
Le menzogne, pur avendo le gambe corte, possono saltare in aria uguale.
Come districarsi nella giungla, o palude, dell'informazione e linguaggio di relazione? 
Innanzi tutto verificando le fonti, se si spande verita' occorre citarne origine, autore e sottoscriverla. 
Abolire per decreto interiore l'aver sentito dire, il farsi portavoce e l'omerta' insabbiatrice, poiche' dietro a un fatto, a un'azione, vi e' sempre un identificativo, nome e cognome. 
Mai prestare orecchio e voce al venticello suadente della calunnia.
Tanto meno seppellire la testa quali struzzi o calarsi, catarsi, in uno sdegnoso silenzio atto a ricoprire un vigliacco rumore. 
L'Italia e' una repubblica fondata sul pettegolezzo; dal barbiere al parrucchiere, nei circoli politici, sociali e ricreativi, a scuola, sul lavoro e in Internet. 
Per cui non meravigliamoci se stampa e media fanno quadrare i loro bilanci col gossip; c'e' offerta perche' c'e' domanda. 
L'arte del sobillatore risale ad antica data, seminatore di trappole, cacciatore di tordi e pescatore di lucci, scivolosi in mani nude. 
Sovente domandarsi, prima di emettere qualunque giudizio, cui prodest - a chi giova - chi ne trae convenienza e interesse? 
Sebbene non sempre la buonafede sia testimonianza di presunta innocenza, inderogabilmente la malafede costituisce prova di colpevolezza certa. 
Rifuggire dai processi mediatici ad orgia populistica, diritto di difesa e di replica sono le fondamenta della comunicazione, relazione e convivenza civile. 
Contrariamente alla connivenza, pilastro della societa' mafiosa. 
Non ammorbare il prossimo con citazioni bibliche o apocalittiche, della serie chi e' senza peccato scagli la prima pietra, si getta il sasso e si nasconde la mano, ognuno ha i suoi scheletri nell'armadio; non v'e' nulla di piu' inutile e incomunicabile di stantii luoghi comuni. 
E se proprio, nonostante tutto, non si resiste a far scoppiare la parola mina, accertarsi preventivamente che la deflagrazione non si riduca al fischio d'un petardo, o tromba di peto. 
Le parole sono armi, non giocattolo, metterle in mano o in bocca ad un adulto non cresciuto, mai evoluto, equivale a deporle nella cintura di un kamikaze. 
Saltando a pie' pari sul campo minato.

venerdì 2 ottobre 2009

Sirene

Sette milioni di italiani hanno assistito ieri sera alla puntata di Anno Zero, il gossip in diretta Tv. 
Giustamente scandalizzati, indignati, nauseati. 
Ora pero' vorrei che gli stessi sette milioni di italiani si scandalizzassero, indignassero, nauseassero per la mala sanita' pugliese. 
Scadente prodotto dell'amministrazione di sinistra, del Partito Democratico. 
E vorrei una puntata di Anno Zero sul tema piuttosto spinoso e inquietante della gestione della sanita' in Puglia, con tre domande. 
1. Cosa ci faceva Massimo D'Alema ad una cena elettorale organizzata da Tarantini? 
2. Perche' il Partito Democratico ha candidato alle elezioni europee un suo politico e amministratore dimessosi in tutta fretta e gia' in odor d'indagine? 
3. Sul piatto della bilancia pesa piu' una montagna di protesi invasive dell'organismo fisico e sociale della cittadinanza e del bilancio gestionale della cosa pubblica, o una o piu' veline ed escort candidate alle elezioni? 
Gino Strada - che di protesi s'intende assai - non avrebbe dubbi sulla risposta all'ultimo quesito. 
E' emergenza nazionale, di un sistema Italia che trasversalmente opera - anzi mal opera - in ogni regione, amministrazione, feudo lobbistico italiano. 
Non vale quale risposta scontata alla Ponzio Pilato: non lo sapevo; menzogna o sinonimo d'inettitudine. 
Esponenzialmente, il mio disgusto, rigetto, furore, sono cresciuti piu' verso codesta parte politica in cui un tempo credevo, votavo ed eleggevo, che per quella opposta e mai condivisa. 
Se fossi un giudice - terreno o divino - non avrei dubbi sulla reita', sulla complicita' di coloro che hanno lordato e stuprato l'Italia. 
Vorrei tanto che una sirena suonasse alla porta di Lorsignori - lampeggiante, blu come il mare pugliese.