sabato 12 giugno 2010

Cronache d'un sabato afoso

Il cielo e' d'un grigio torrido.
Gli animali stanno distesi, come in attesa.
Ti affacci alla finestra e la tua vicina di casa, cento chili di depressione, passeggia nervosamente in cortile facendo roteare le chiavi di casa.
Ha una macchia sulla camicia da notte, piange e dice non voglio restare da sola.
Mi ritorna alla mente Alda Merini, cio' che sarei potuta essere, cio' che potrei essere domani.
Il suo uomo e' del Marocco, forse la picchia, il figlio di tredici anni s'impegna a scuola ma l'italiano e' quello che e', lava i piatti pulisce casa fa le veci della mamma, ma lo vogliono far tornare in Marocco, perche' la scuola e' quella che e'.
La vicina lega il cordone delle chiavi alla ringhiera, poi v'appoggia il mento, pare una bambina.
Dice ad una vicina affacciati, e l'altra le risponde ti sto chiamando al telefonino, lei rientra in casa.
Io osservo dalla finestra - della vita, muta spettatrice.
Lo specchio mi riflette la mia immagine.
Avrei tante cose da fare, rassettare una ragnatela da togliere, ma rimango immobile statica.
E' il set di una scena di vita quotidiana, senza finale senza senso.
Ad immortalare qualcosa di negato, che ferma ogni azione in progress.
L'afa acuisce il disagio.
Ci vorrebbe un mare.

Nessun commento:

Posta un commento