martedì 1 giugno 2010

Lettera al Presidente della Repubblica

 
Illustrissimo Presidente della Repubblica Italiana,
sono una ex ragazza degli anni settanta, figlia di operai, che conseguito il diploma professionale fece vari concorsi pubblici e - senza alcuna raccomandazione - ne vinse uno, lavorando negli asili per dieci anni. 
Scelsi da giovane di fare l'educatrice per credo - non per il posto statale sicuro - perche' amavo i bambini e il pensiero di contribuire ad un futuro evoluto e consapevole delle nuove generazioni. 
Vivo in una terra in cui gli asili come altri diritti fondamentali sono sempre stati il fulcro dei bisogni e valori della gente, rivendicati e giustamente finanziati e dall'ente locale e dai contribuenti, in nome di una migliore qualita' della vita e dei tempi di lavoro e di cura della famiglia. 
Poi il mio percorso lavorativo prosegui' nel settore impiegatizio pubblico - la cui retribuzione e' equivalente a quella di un operaio - cercando di svolgere il proprio compito in modo professionale e dando un servizio ai cittadini.
Sono sempre stata una cittadina onesta, pagando le tasse e rivolgendomi alla Giustizia - e non a mafia camorra ndrangheta partiti e politici - quando ho subito un'ingiustizia, col risultato che pur essendo nella ragione e nel diritto ho perso tutto, ovvero quel poco che mi avrebbe garantito un'esistenza una vecchiaia piu' serena e un lascito ai miei due figlioli.
Ho provveduto da sola alla crescita dei miei figli, in quanto lo Stato non garantisce tutela vera reale a madri e prole - per quanto la Costituzione dichiari che l'Italia e' un Paese fondato sulla famiglia - ma non ho mai beneficiato di assistenza in tal senso, ne' dalla Giustizia per un padre assente economicamente, ne' tantomeno dalle Istituzioni, non rientrando nelle categorie del disagio sociale, dell'emarginazione, del degrado, poiche' col mio medio basso stipendio sono sempre riuscita a provvedere ai nostri bisogni senza dovermi prostituire spacciare droga o riversare i lividi dell'anima sulle mie creature.
Con l'avvento dell'euro - col raddoppio del costo della vita e non dei salari e nessun contenimento dei prezzi da parte di governi di destra e di sinistra - mi sono ritrovata ridotta ad uno stato di semi poverta', ai margini della sopravvivenza, ma ho fatto fronte a tutto cio', affidandomi ad una finanziaria - con tassi quasi d'usura ma a quei tempi le banche non concedevano prestiti e comunque non avevano tassi minori - ipotecando la mia liquidazione e ancora una volta la mia vecchiaia. Ma premeva l'urgenza di crescere i figli, per cui ho sacrificato il mio futuro al loro.
Ho subito uno sfratto dal Tribunale, sebbene divorziata con figli minori, a favore di una banca con istanza fallimentare e relativa asta. Mi sono ritrovata - come una delinquente - col rischio di essere cacciata dalla casa su cui avevo versato settanta milioni al proprietario - dalla forza pubblica e per evitare l'ennesima umiliazione a me e ai figli me ne sono andata.
D'altronde in Italia solo chi ha denaro o appoggi politici puo' sostenere cause legali a oltranza, io la mia l'avevo persa e non avevo piu' soldi per l'appello.
Mia figlia - allora tredicenne - mi disse: “Mamma ho capito che tutto quello che si studia a scuola sulla giustizia sul diritto sullo Stato e' una panzana.” Come darle torto?
Imparo' cosi' ben presto pure lei sulla sua pelle come gira il mondo, al di la' di Costituzioni proclami ed editti, tant'e' che nei mesi estivi non scolastici fin da ragazzina ha lavorato nelle fabbriche, nelle gelaterie, non come certi rampolli senza voglia di studiare e di lavorare figli di politici. Non ha mai fatto uso di droghe o abuso di alcol, ed e' comunque cresciuta retta ed onesta, matura, poiche' i bamboccioni sono i figli dei ricchi, non dei poveri.
Per poterle permettere di giungere al conseguimento del diploma di maturita' ho venduto anche l'ultimo mio potenziale di futuro: il terzo di un appartamento di proprieta' famigliare, che e' servito per sopperire al costo della vita che, in due persone con mille euro al mese, non e' possibile oggettivamente sostenere, tra affitto bollette spesa e istruzione, perche' non e' vero che e' garantito il diritto allo studio, costano i libri i materiali scolastici le tasse l'iscrizione, e non me ne vergogno a dirlo - talvolta la mia figliola e' andata a scuola senza quaderno perche' mancavano quei maledetti cinque euro.
Ora dovrebbe fare l'Universita', e se la meriterebbe pure, poiche' ha voglia di studiare, ma non ce la fa. Con mille euro al mese della mamma, deve per forza andare a lavorare, certo puo' studiare e lavorare, ma l'Universita' costa, e non mi si venga a dire che ci sono le borse di studio, perche' comunque la tassa d'iscrizione costa cara e i testi, e i redditi per accedere alle graduatorie sono talmente minimi, che una famiglia monoreddito comunque non rientra, a meno che non lavori in nero o non sia gia' assistita dallo Stato, per cui non deve far fronte a spese vive come le altre famiglie.
Mia figlia non puo' permettersi abiti firmati o griffe, d'altronde non l'avrei cresciuta cosi' nemmeno fossi stata benestante, cosi' come il massimo di vacanze che ci siamo potute concedere e' una settimana all'anno nei mari italiani, non abbiamo mai fatto crociere, e' altresi' abbastanza carina affinche' un marpione attempato ne possa fare una velina, ma le ho insegnato il rispetto e la dignita', a mai vendersi o prostituirsi.
Il futuro che l'aspetta se laureata e' andare all'estero e abbandonare l'Italia e me, poiche' si sa che i giovani ricercatori emigrano e io non avro' la consolazione di una vecchiaia accanto ai miei figli. Ma andrebbe pure comunque bene, se garantisse la loro felicita'. Invece si prospetta per i nostri ragazzi un lavoro precario, sottopagato, sovente in nero, senza alcuna protezione e sicurezza sul lavoro, e vivo col terrore di ritrovarci invalidi additati al pubblico ludibrio o peggio, dovermi un giorno domandare come quella madre di un ventitreenne schiacciato da una pressa, dov'e' lo Stato?
Uno Stato per cui lavoro da trenta anni, che mi prospetta anni di miseria con lo stipendio congelato, una pensione forse a sessantacinque anni dopo quarantacinque anni di contributi ridotta di un terzo, colla quale non camperei, ammesso che ci arrivi, perche' anche la salute si compra, la paga chi puo' permetterselo, le cure costano cosi' come la prevenzione, per cui confido in Dio pur agnostica di conservamela per quanto risenta degli acciacchi dell'eta', mentre le televisioni pubbliche continuano a propinarci servizi su silicone e botulino invece che sui problemi reali della gente.
D'altronde io non ci credo piu' nel futuro, mio e dell'Italia. Ho visto deteriorarsi ogni valore, quelli per cui hanno combattuto i Partigiani, la Democrazia quella vera non telecratica, la Giustizia non quella partigiana dei ricchi e dei corrotti, la Costituzione e la Repubblica, dei padri d'Italia come Pertini.
Ecco perche' io il 2 Giugno non ho nulla da festeggiare, al di la' di retoriche ipocrisie falsita' propagate come verita', non puoi assistere ogni giorno al suicidio collettivo di una Nazione, e poi festeggiare.
Non La invidio Illustrissimo Presidente della Repubblica Italiana, nel suo greve compito istituzionale di ridare lustro ad un Paese talmente opacizzato da risultare vitreo, quale gli occhi di una morta.
Io nel mio piccolo non ho nulla da biasimarmi, ho fatto quello che ho potuto, per salvare me la mia famiglia e forse cinquanta anni di storia d'Italia.

2 commenti:

  1. Mi hai tolto le parole di bocca. Sono solidale con te in tutto e per tutto.

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  2. grazie, e' la storia di tanti, peccato che i media le istituzioni e gli italiani se ne freghino, finche' non tocchera' a loro e non gli bastera' piu' Tv e Internet ;)

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