mercoledì 26 agosto 2009

Indovina chi viene a merenda

Ho visto un film di Franco e Ciccio su Retequattro e ho capito. 
Senza bisogno di passare da Report, Repubblica, Socrate, Marx, una parodia del nazismo e razzismo in pura semplicita', capace di parlare ad ogni target, dal bambino all'anziano, dal ricco al povero.
Il fertilizzante col quale è cresciuta la mia generazione: un'unica rete, gli sketch radiofonici della domenica mattina, un linguaggio comunicativo immediato, altro che Internet. 
La Tv del sorriso, che tutti comprendevano, e che nonostante la censura, il puritanesimo, lanciava un messaggio che subito arrivava.
La verve dei nostri comici italiani, regionalizzata, da federalismo reale, autoironica sui luoghi comuni nei quali tutti si riconoscevano, andando oltre ed emendandosi la simpatia dell'essere italiano. 
L'orgoglio di un popolo, le sue radici, anche nei costumi, che i Drive in e i Fonzie americanizzanti hanno cancellato dalla nostra memoria e da quella dei nostri figli; tutti a consumare panini, coca cola, tette siliconate, lati B palestrati, quando avevamo le donne, gli uomini, i giovani piu' naturali e belli del mondo.
C'era la Chiesa vero, il moralismo, il bigottismo, ma che bello trasgredire in una cinquecento, quando oggi non ci basta piu' un partner, una moglie o un marito, una famiglia, ma ci occorre una corte dei miracoli, piu' virtuale che reale. 
E c'era comunque un credo, una fede, chi nella religione chi nella politica, l'orgoglio di essere comunisti, socialisti, democristiani, persino fascisti, ma qualcosa c'era, forse la speranza. 
La capacita' di sopravvivere alla miseria, la semplicita' di un gelato nel parco o un giro sulla giostra, un prato, un letto coniugale, senza incensi, oli, pozioni magiche, solo una lampadina a 60 watt ad accendere la notte. 
I bambini a letto dopo Carosello e i genitori poco dopo, i nonni in famiglia, un canarino, il pesce rosso vinto ai baracconi, e forse un'Italia piu' semplice e piu' vera. 
Se avessi la macchina del tempo tornerei all'Italia degli anni sessanta con la consapevolezza di oggi, farei la casalinga e non la rivoluzionaria, la madre, la moglie e la nonna, coi bigodini in testa e un marito in canottiera. 
La sera attorno al tavolo e poi tutti a vedere la televisione; vi era piu' cultura, comicita', serenita', comunicazione, relazione, allora che oggi nell'era di Internet. 
Ci siamo sterilizzati, resi asettici, lobotomizzati, in nome del dio denaro, consumismo, ideologia; abbiamo perso valori, affetti, le cose essenziali della vita, cercandole in estranei, sconosciuti, alieni quanto noi. 
Siamo piu' eruditi, guardiamo con la puzza sotto al naso chi la pensa diversamente da noi tacciandolo di ignoranza, a destra come a sinistra, ma non siamo migliori di nessuno. 
Non siamo speciali, nessuno di noi lo e', nessuno e' piu' furbo o meno fallimentare a livello esistenziale, ci nutriamo di pie illusioni, utopie, quali struzzi. 
La soluzione non c'e', indietro non si torna, forse salvando il salvabile, ammesso e non concesso che se in natura nulla si crea e si distrugge, l'essere umano e' bravissimo ad autodistruggersi. 
E a trascinare nel gorgo delle proprie miserie, debolezze, fragilita', dubbi e sicumere, il mondo intero. 
Non e' prerogativa solo di dittatori, leader, premier, capi carismatici, anche le formiche nel loro piccolo s'incazzano scatenando guerre mediatiche e globali. 
Ma almeno dato che facciamo i buffoni da una vita, impariamo dai nostri comici italiani degli anni sessanta, a ridere di noi e a far ridere gli altri. 
E si torni al sogno della casetta in Canada' con tanti fiori di lilla', la dolce Euchessina, la brillantina Linetti, la pancera Gibaud, ad una sana vecchiaia senza cellulari e Internet a romperci le uova nel paniere, assai meglio andarci a funghi. 
Da ragazza giocavo a fare l'anticonformista, oggi mi diverto ad essere all'antica, e' un modo come un altro per spiazzare la gente, un ritorno alle origini in tempi in cui non si potrebbe piu' cantare: mi sono innamorato di te perche' non avevo niente da fare. 
C'e' sempre qualcosa da fare, ma prima di salvare il mondo, salviamo noi stessi. 
Da noi stessi.

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