domenica 27 luglio 2008

Pazziando

Oggi mi gira cosi', d'esser prolissa.
E siccome quando mi piglia, scappa e non c'e' Cristo che tenga, scrivo.
Ci sto pensando seriamente.
Ad essere pazza.
D'altronde Paulo Coelho scrisse nel suo libro 'Veronika non vuole morire': 
- siate folli ma comportatevi da persone normali -.
Da ragazza ho fatto volontariato in un gruppo di antipsichiatria democratica, accudendo due bambine figlie d'una madre che lavorava e di un padre ospite a coazione dello Stato.
Mi ricordo ancora le sedute di libero ascolto, ove alcolizzati, sfigati e umanita' varia sfogavano le proprie ingiustizie e fallimenti esistenziali.
E sempre rimembro le parole dell'anziana psichiatra che affermava che le cause del disagio sono sovente sociali, talvolta di rado individuali.
Si sarebbe dovuto cambiare condizioni di vita, economiche e non solo, ai pazienti per ottenere la cura risolutiva, non coi farmaci sedativi mutuabili dei centri di assistenza istituzionali.
E aveva ragione.
Poi il P.C.I. che allora reggeva l'amministrazione pubblica cittadina, non concesse piu' i locali per tale attivita' terapeutica altamente sovversiva, veramente meramente comunista.
Cosi' l'esperienza si concluse, demolendo il caseggiato dei casi sociali e disperdendo ogni velleita' comunitaria.
La bambina Down di cui i genitori anziani si vergognavano ritorno' segregata in casa.
Le piccole orfane di padre carcerato divennero nuovamente nidi per pidocchi.
E la moglie coi lividi color del vino da marito ubriaco fini' ancora candidata al match di pugilato.
Ma se io me ne uscissi pazza, assistita a carico della comunita' equa e solidale con frequenza obbligatoria ai centri psichiatrici locali, svuotando regolarmente i medicinali prescritti nel cesso e simulando sintomi e comportamenti antisociali, godrei di serenita' gratuita e garantita.
In fondo un po' autistica gia' lo sono, anarchica e selvatica quanto basta, se resisto sino alla vetusta eta', potro' finalmente dichiararmi una vecchia bambina pazza.
E invece di concedermi a coglioni, darmi alla poesia come Alda Merini.

Non avessi sperato in te
e nel fatto che non sei un poeta
di solo amore
tu che continui a dirmi
che verrai domani
e non capisci che per me
il domani e' gia' passato.


Ti aspetto e ogni giorno
mi spengo poco per volta
e ho dimenticato il tuo volto.
Mi chiedono se la mia disperazione
sia pari alla tua assenza
no, è qualcosa di più:
è un gesto di morte fissa
che non ti so regalare.

(Alda Merini - Clinica dell'abbandono)

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