domenica 15 novembre 2009

Io non ho fatto niente!

E' l'incipit della vita mia. 
Comincio' all'asilo dalle suore, a cinque anni, odio le suore ipocrite e non cristiane, che aprivano la sala giochi solo una volta all'anno, per la foto da dare ai genitori; quel ben di Dio di giocattoli, pupazzi, il telefono, che come ET avrei chiamato casa, per dire portami via. 
Il primo giorno d'asilo non volevo stare, allora la pedagogia famigliare funzionava cosi', una sberla e muta. 
Le suore ci portavano una volta alla settimana a vedere i filmini dei santi, ma come le scimmie tiravano i capelli, ed io facevo finta di dormire trattenendo il respiro, affinche' non s'accorgessero di me. 
Ce n'era una particolarmente cattiva, baffuta e cicciona, una virago in tonaca che ogni spillo che conficcavo in una spugna per comporre un disegno, l'avrei conficcato in quel flaccido culone, quale rito wodoo. 
Per un anno feci lo sciopero della parola e la protesta del silenzio, gia' ribelle a modo mio. 
Altre sberle le pigliai perche' non volevo portare le ciabatte a mio padre di ritorno a casa, e mica ero un cane, comunque avevo ragione io. 
E le ultime a sedici anni, causa rientri tardivi notturni, non stavo a fare nulla di male e neppure a drogarmi, ero solo impegnata a fare all'amore. 
Alle scuole superiori la vicepreside si arrabbio' talmente da procurarsi un ictus cerebrale, ma non era colpa mia, bastava mantenere la calma e ascoltare e recepire le sacrosante istanze dei giovani, degli studenti, nell'anno caldo del settantasette. 
Tempi di politica, con quella che si fumava la sigaretta dalla parte della brace, poi e' divenuta onorevole, perche' si fumava pure altro, suppongo sigari con Clinton. 
Ma anche piu' a sinistra della sinistra, fece comodo a lorsignori compagni sfornare il giornale di partito, dopo di che se lo si riempiva di contenuti, talvolta critici, volevano censurare, e trattandosi d'onere volontario e gratuito; la sola colpa mia fu di rimandarli al demone del gulag, giocandomi cosi' la tessera da giornalista. 
Mi si gonfio' la pancia, per un figlio voluto, ma lui volle comunque partire per l'America, e al ritorno non sapeva piu' se amarmi o no, decidendo io per due, col foglio di via. 
Il mio piccino non stava bene, mia madre stava morendo, a scuola non andava e gli tirai i capelli - come le suore cattive - poi ho capito che la cattiva era la maestra; lo salvai da quell'inferno, ma non salvaguardai la mia immagine di buona mamma. 
Ritornai in seguito con l'Amerigo, caravella per anni una e trina, la Nina la Pinta e la Santa Maria.
Sebbene nulla facessi di sbagliato, e la sola cosa giusta ossia un'altra piccolina desiderata, fece lui per me, trascinandomi in un gorgo che risucchio' benessere, casa, fiducia, stima, amore. 
Quantunque m'innamorassi non lo tradii, anzi lo informai, mai nessun uomo mi sfioro' finche' rimasi sposa. 
Fui contraccambiata seminando veleno coi figli, cogli amici, alfine il tempo rese pariglia. 
Per gli affari credo d'essere negata da sempre, non e' colpa mia, faccio parte di quei pochi fessi che ancora credono all'onesta' altrui, e difatti mi son persa tutto, in un Paese in cui i tribunali danno ragione ai loschi o ai furbi e giammai ai retti. 
L'amore mi ha lasciato, io non ho fatto nulla per fermarlo, e nulla c'era da fare, l'amore deve essere libero arbitrio. 
Cosi' altrettanto nulla feci per tenermi uomini diversi, di cui tutto sommato non m'importava niente. 
Gli amici ci ho provato, pero' chi lo sa chi e' sincero e leale, chi traditore, infame, omertoso, chi disinteressato non opportunista, chi invidioso e calunniatore, chi ti vuole usare o manipolare, chi ti vuole ancora una volta censurare, chi invece davvero ti vuol bene. 
Io non ho fatto niente, e niente continuo a fare.

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