venerdì 13 novembre 2009

Miniera

Sovente ho adottato la formula del 'ya basta' per smuovere staticita'. 
Il rischio, calcolato, e' che nessuno ti segua. Talvolta vinta la scommessa, talora persa. 
La sfida richiede sempre coraggio, d'una consapevole solitudine. 
Quale punto interrogativo, bilancio, punto fermo su cui correggere, sorreggere, la rotta. 
La provocazione e' insita nel cambiamento, destabilizzatrice di certezze, sicurezze, adagiamenti. 
In amore come in politica. Rilassati ma tonici, quale muscolo d'ardore e di pensiero. 
Non ti hanno capita, forse. 
Ma la gente non e' tenuta a capirci. D'altronde se non c'e' nulla da capire, non mi capisco nemmeno io. 
Come non serve un capro espiatorio, e' altresi' estremamente utile il senso di colpa, non per produrre automatismi di colpevolezza e conseguenti espiazioni, bensi' a sollecitare un processo di riflessione, meditazione, ponderazione, su cio' che e' stato e che potrebbe essere. 
E' quando si affoga, affonda, che dal baratro si risale verso la luce. 
E rifulgono le stelle, il meglio di se', senza concedersi dilazioni di sorta. 
L'anima nuda, vera essenza, al di la' del bene e del male, di maschere, proiezioni, film gia' visti. 
Estrarre da cava, miniera, marmo, carbone e diamante. A volte crollando addosso. 
Eppure se quel vagoncino sferragliante imbocca comunque la via della luce, il suo carico avra' valore dell'oro, anche se misto a detriti. 
Separare la farina dalla crusca, significa spargersi non di borotalco o un velo di zucchero, ma fare, essere, una torta di elementi, alimenti naturali, di cui la ciliegina e' la carminia verita'. 
Da ornarsi, decorarsi non con stucchi ma fresca arte. E servire con vino novello. 
A chi si chiede la ricetta qual e'? 
La risposta e' sii cio' che dici, e scrivi, sei tu lo specchio del mondo.

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