venerdì 18 gennaio 2008

Dillo in piazza

Partendo dal presupposto: 
- Oltre al dire che fare? -.
Considerato che se i muri potessero parlare non ci sarebbe spazio o luogo, caseggiato, pizzeria, birreria, ufficio, fabbrica, negozio, stazione, metropolitana, computer, cellulare, contenitori virtuali e reali in cui non si parla, discute, impreca, auspica sulle sorti di questo Paese chiamato Italia.
Nelle vesti di cittadini, consumatori, utenti, lavoratori, amici, colleghi, amanti, si aprano dunque porte, finestre, balconi, pareti e connessioni per scendere nelle piazze, calarsi dentro le citta’, riprendersi il territorio.
Moto e motto d’aggregazione: - Riappropriarsi della piazza -.
Organizzarsi in piccoli gruppi di persone, una decina o quindicina, e presidiare le piazze principali di paesi e citta’, di giorno come di sera, con striscioni, manifesti, volantini, parlando tra la gente e con la gente, dei problemi del vivere quotidiano, della crisi economica e politica, dello sdegno per l’ingiustizia, e di tutto cio’ che gia’ si dice da tempo nei propri microcosmi esistenziali.
Strutturare un’azione minimale concreta, individuale e collettiva, di portare le voci in piazza, pacifica e  non violenta che nulla e nessuno puo’ censurare, limitare, disperdere, fino ad espandersi a macchia di leopardo.
E’ un ritorno alla discussione sulla cosa pubblica nelle piazze e nei mercati, partendo dal basso privi di bandiere e partiti, sulle orme della memoria storica popolare coi suoi corsi e ricorsi, col vantaggio che oggi grazie a Internet e tecnologia, si puo’ raggiungere la trasmissione e diffusione globale.
Privi di demagogia, ideologia, utopia; senza guru, leader, capi carismatici; spogli da mass media, in campo solo l'anonimo popolo protagonista. 
Dillo in piazza.

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