domenica 13 gennaio 2008

Monnezza e' business

Ho chiesto ad un mio amico napoletano che vive in America di definirmi la questione immondizia partenopea in tre parole, mi ha risposto: 
- Monnezza e' business -.
Poi ho domandato ad un altro mio amico che spesso gira l'Europa per lavoro cosa pensano all'estero di noi, e lui mi ha detto: 
- Oltre a mafiosi, pizzaioli, mandolinari, ora anche sozzi -.
Si e' parlato anche troppo dell'emergenza rifiuti a Napoli, uno status quo che non e' piu' emergenza in quanto dura da quattordici anni, nonostante le varie amministrazioni locali e nazionali succedutesi e di qualsivoglia appartenenza partitica.
Quindi la radice della questione e' la mancanza di volonta' e la collusione con la camorra, ossia interessi economici e politici privati, regalando l'immagine di un Paese agli occhi del mondo, di letteraria memoria ai tempi del colera o della peste manzoniana.
La responsabilita' e' di capi di governo, presidenti di regione, sindaci, ma nessuno paga, anzi tutti si paga e lautamente per lo stoccaggio dei rifiuti all'estero.
Non e' nemmeno attribuibile solo ai napoletani, che pagano le tasse ambientali piu' care d'Italia, in una citta' ove gli spazzini non li fanno lavorare.
Mentre la coniuge dell'ex primo cittadino indicato da popolo e media come responsabile di tale inettitudine, gestisce in appalto l'esazione delle gabelle locali.
Pubblici inquinatori stanno trasformando Mare nostrum - isole incluse - in una discarica a cielo aperto di fango tossico.

Fango

Vorrei costruirVi una cattedrale di fango
per poi assistere muta
allo sgretolarsi della Vostra ignavia.
Vorrei vederVi sprofondare in un mare 
di disprezzo senza nome
così come anonimo è l’odore della morte.
Vorrei che la rabbia che mi sale dentro 
trovasse cura in quell’ospedale 
franato senza appiglio.
Vorrei scrutarVi gli occhi fino a soffocarVi
nel Vostro stesso ansito,
soffocando ogni scusa ogni preghiera
seppelliti da fantasmi rimorsi.

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