venerdì 30 gennaio 2009

Era il tempo delle more

La rete straborda di condoglianze.  
La morte rende tutti savi e mistici. 
Evvai con la saga della retorica. 
Nessuno si ricorda dello scherzo telefonico di Libero a Mino Reitano che si prostrava alla voce di uno pseudo Berlusconi? 
Posso piangere per Faber o per Gaber, ma lascio a lorsignori i cori da prefiche. 
Non e' che la morte cambia la gente, cosi' come nemmeno la vita. 
Come diceva un mio amico per meta' folle, il male del mondo sono i cretini che si credono geni. 
E che lo governano pure, aggiungo io. 
Sempre spinta dalla curiosita' per i fenomeni mediatici, mi sono iscritta a Facebook, per vedere l'effetto che fa. 
Ho messo la mia brava fotina da 'gnocca', la musica, i film, i libri preferiti - come se poi alla fine a qualcuno fregasse qualcosa - la dotta citazione da intellettuale della festa, lo stato civile e il rapporto sociale da 'acchiappo', il link ai miei blog, mancante solo il Cud. 
Svolto il compito, il problema e': ora che ci faccio su Facebook? 
Pare che serva a scovare compagni di scuola, ex colleghi, o a snidare vicini di casa. 
Ma se sono vicini di casa, che ci parlo a fare in rete? 
E soprattutto perche' devo andare alle adunate scolastiche stile amarcord per vedere chi ha messo su chili o perso capelli? 
E ancora, se gia' detestavo le cene di lavoro ove si spettegolava sul collega assente, figurati che voglia ho di rivedere chi lasciai con un sospiro di sollievo. 
Oppure si possono invitare sul network i vecchi amici.
Ma se sono contatti gia' presenti in altra messaggistica, stiamo a fare la moltiplicazione dei pani e dei pesci, o meglio dei cloni? 
Quasi quasi rimpiango il tempo della more. 

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